Palego ci riprova
Inviato: 08/03/2021, 10:31
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Indiana Jones ci riprova: da 35 anni è la caccia all’arca, ci ha camminato anche sopra, ma questa volta ci vuole entrare, documentare l’interno e prendere anche qualche reperto da fare analizzare. L’arca è proprio quella di Noè, giura l’ingegnere-esploratore Angelo Palego, 86 anni, marchigiano di origine. Dal 1984 è diventata la sua ragione di vita. "Avevo un lavoro di ricerca tecnico scientifico importante, che mi portava in giro per il mondo, poi sono diventato Testimone di Geova e, leggendo la Bibbia e confrontandola con una serie di documenti storici ma anche coi rilevamenti dei satelliti come Lancer e una foto scattata da 84 chilometri d’altezza, ho trovato la localizzazione esatta, a 4.300 metri di altezza sul monte Ararat". Palego ha cominciato le spedizioni nel 1985; ne ha all’attivo 22, anche ad alto rischio, come quella volta in cui l’esploratore novarese venne fatto prigioniero dai curdi: "La prima volta, agosto ‘85, sono partito senza avvisare né mia moglie né mia madre; da allora ho cominciato a salire sulla montagna una volta all’anno, fino a localizzare l’arca e salirci sopra. Ci ho camminato per trenta metri di lunghezza, un’emozione indescrivibile".
Il sito, spiega, è difficile da raggiungere a causa delle condizioni climatiche: è intrappolata nel ghiaccio ma l’innalzamento delle temperature la libera almeno in parte nella stagione estiva, quando è più facile individuarla. Che quella sia l’imbarcazione utilizzata da Noè, famiglia e animali al seguito, Palego non ha dubbi: "La documentazione scientifica che ho raccolto nelle spedizioni va in parallelo con la storia: gli Armeni sanno da sempre che l’arca è sulle pendici della montagna, tanto che fino al 1917 interi villaggi vi salivano; i padri portavano i figli perchè, alla vista del reperto, crescessero nel timor di Dio. Poi l’arrivo del comunismo ha bloccato tutto e la localizzazione è andata perduta, ma certamente l’arca ha attirato l’attenzione delle grandi potenze. Lo zar Nicola II aveva mandato i suoi uomini poco prima della rivoluzione d’ottobre, ma al ritorno vennero attaccati dalle truppe bolsceviche e tutta la documentazione che avevano preso è sparita. Ho scritto due volte a Putin per avere accesso a quei documenti, mi hanno risposto che non ne sanno nulla. Anche gli americani si sono interessati, hanno scattato foto coi satelliti, ma tutto è rimasto top secret".
Perchè non divulgare queste scoperte? "Perchè significherebbe affermare indiscutibilmente che la Bibbia aveva ragione, dimostrare scientificamente l’esistenza di Dio. E lo scopo delle mie ricerche è proprio questo".
Palego è confortato dal riconoscimento che gli ha tributato l’Accademia tecnologica d’Armenia che lo ha nominato nel proprio comitato scientifico. "Non solo, mi hanno intitolato una via nella capitale Erevan perchè ho contribuito a ripristinare una parte essenziale della loro storia".
Ma l’ingegnere punta più in alto:"A maggio, Covid permettendo, scalerò l’Ararat per la ventitreesima volta con una guida. Sono ancora forte. Avremo tutti i dispositivi tecnologici per entrare nell’arca, fotografarla in ogni dettaglio, filmarla, recuperare qualche frammento per le analisi di laboratorio. Sarà la scoperta che potrà cambiare l’umanità".
Indiana Jones ci riprova: da 35 anni è la caccia all’arca, ci ha camminato anche sopra, ma questa volta ci vuole entrare, documentare l’interno e prendere anche qualche reperto da fare analizzare. L’arca è proprio quella di Noè, giura l’ingegnere-esploratore Angelo Palego, 86 anni, marchigiano di origine. Dal 1984 è diventata la sua ragione di vita. "Avevo un lavoro di ricerca tecnico scientifico importante, che mi portava in giro per il mondo, poi sono diventato Testimone di Geova e, leggendo la Bibbia e confrontandola con una serie di documenti storici ma anche coi rilevamenti dei satelliti come Lancer e una foto scattata da 84 chilometri d’altezza, ho trovato la localizzazione esatta, a 4.300 metri di altezza sul monte Ararat". Palego ha cominciato le spedizioni nel 1985; ne ha all’attivo 22, anche ad alto rischio, come quella volta in cui l’esploratore novarese venne fatto prigioniero dai curdi: "La prima volta, agosto ‘85, sono partito senza avvisare né mia moglie né mia madre; da allora ho cominciato a salire sulla montagna una volta all’anno, fino a localizzare l’arca e salirci sopra. Ci ho camminato per trenta metri di lunghezza, un’emozione indescrivibile".
Il sito, spiega, è difficile da raggiungere a causa delle condizioni climatiche: è intrappolata nel ghiaccio ma l’innalzamento delle temperature la libera almeno in parte nella stagione estiva, quando è più facile individuarla. Che quella sia l’imbarcazione utilizzata da Noè, famiglia e animali al seguito, Palego non ha dubbi: "La documentazione scientifica che ho raccolto nelle spedizioni va in parallelo con la storia: gli Armeni sanno da sempre che l’arca è sulle pendici della montagna, tanto che fino al 1917 interi villaggi vi salivano; i padri portavano i figli perchè, alla vista del reperto, crescessero nel timor di Dio. Poi l’arrivo del comunismo ha bloccato tutto e la localizzazione è andata perduta, ma certamente l’arca ha attirato l’attenzione delle grandi potenze. Lo zar Nicola II aveva mandato i suoi uomini poco prima della rivoluzione d’ottobre, ma al ritorno vennero attaccati dalle truppe bolsceviche e tutta la documentazione che avevano preso è sparita. Ho scritto due volte a Putin per avere accesso a quei documenti, mi hanno risposto che non ne sanno nulla. Anche gli americani si sono interessati, hanno scattato foto coi satelliti, ma tutto è rimasto top secret".
Perchè non divulgare queste scoperte? "Perchè significherebbe affermare indiscutibilmente che la Bibbia aveva ragione, dimostrare scientificamente l’esistenza di Dio. E lo scopo delle mie ricerche è proprio questo".
Palego è confortato dal riconoscimento che gli ha tributato l’Accademia tecnologica d’Armenia che lo ha nominato nel proprio comitato scientifico. "Non solo, mi hanno intitolato una via nella capitale Erevan perchè ho contribuito a ripristinare una parte essenziale della loro storia".
Ma l’ingegnere punta più in alto:"A maggio, Covid permettendo, scalerò l’Ararat per la ventitreesima volta con una guida. Sono ancora forte. Avremo tutti i dispositivi tecnologici per entrare nell’arca, fotografarla in ogni dettaglio, filmarla, recuperare qualche frammento per le analisi di laboratorio. Sarà la scoperta che potrà cambiare l’umanità".