Matteo 6:7

La Bibbia dei Testimoni di Geova è davvero una traduzione fedele ed accurata delle Sacre Scritture?

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Karouomo
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Matteo 6:7

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“non moltiplicate le parole“ diventa “non dite ripetutamente le stesse cose”

TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO:
“Ma nel pregare, non dite ripetutamente le stesse cose, come fanno le persone delle nazioni, poiché esse immaginano di essere ascoltate per il loro uso di molte parole.”
Nella Traduzione interlineare del 1985 dei testimoni di Geova a pagina 37 nella colonna a destra si legge "But when praying, do not say the same things over and over again, just as the people of the nations do, for they imagine they will get a hearing for their use of many words.” tradotto “Ma nel pregare, non dite ripetutamente le stesse cose, come fanno le persone delle nazioni, poiché esse immaginano di essere ascoltate per il loro uso di molte parole.” invece nella colonna a sinistra, leggiamo “Praying but not you should multiply words as-even the nationals, they are imagining for that in the much speaking of them they will be heard; ” tradotto “Ma nel pregare, non moltiplicate le parole, come fanno le persone delle nazioni, poiché esse immaginano di essere ascoltate per il loro uso di molte parole.". Perché è stato tradotto non dite ripetutamente le stesse cose quando la traduzione letterale indica non moltiplicate le parole?

C’è differenza tra non dite ripetutamente le stesse cose e non moltiplicate le parole?
La TNM assieme a poche altre traduzioni bibliche (Nuova Diodati) traduce il termine βατταλογήσητε (battalogēsēte) in “dire ripetutamente le stesse cose” o similmente “non usate inutili ripetizioni”.
Il verbo ricorre una sola volta nella Bibbia ed è coniugato alla 2° persona plurale dalla voce del verbo βαττολογέω (battologeò). Il suo significato è “ciarlare, usare molte parole, sprecare parole, parole vane ecc.” e seppur in forma più estesa possa significare “ripetere le stesse cose” questa ultima traduzione è inappropriata nel contesto neotestamentario.
La nota in calce della Watchtower Library del 2009 indica altre possibili traduzioni messe però in secondo piano “O, “non parlate a vanvera; non pronunciate vane ripetizioni””. In tal senso la WTS non sembra fare distinzione tra le due traduzioni.
Il Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell e Scott è preso in considerazione varie volte dalla WTS (per esempio in Ragioniamo pagina 85 paragrafo 2) a pagina 311 alla parola “battologeò” precisa che in Matteo 6:7 significa “parlare balbettando, dire più e più volte la stessa cosa”.


Il Vocabolario greco-italiano di L. Rocci (ed. Dante Alighieri) è preso in considerazione varie volte dalla WTS (per esempio in Rivelazione capitolo 40 pagina 294 paragrafo 30) a pagina 346 alla parola “battologeò” indica che in ambito neotestamentario (NT) significa “ciancio, balbetto, parlo a vanvera”.
Solo in ambito filosofico (Simpl.) assume il significato di “ripeto sempre le stesse cose”.

L’interlineare dell’Emphatic Diaglott è preso in considerazione varie volte dalla WTS (per esempio nella Torre di Guardia del 15/1/2001 pagina 30) e in Matteo 6:7 interpreta il testo greco in “usando molte parole”.

Perché non si può usare non dite ripetutamente le stesse cose ?
In Matteo 6:7 Gesù intendeva dire che non bisognava pregare usando tante parole se non ci fosse stata la partecipazione dello spirito, ovvero, che la preghiera risultasse solo meccanica.
Gesù condannava la mancanza di spirito, non la ripetitività della preghiera.
Infatti in Matteo 26:44 Gesù nel Getsemani “…per la terza volta pregò, dicendo ancora una volta la stessa parola.” e in Atti 1:14 Gesù e Maria

TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO:
“…perseveravano nella preghiera,…”
.
In Matteo 7:21 leggiamo

TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO:
“Non chiunque mi dice: ‘Signore, Signore’, entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.”

la scrittura implica che alcuni che ripetono l’invocazione non andranno in cielo perché non hanno fatto la volontà del Padre, mentre gli altri, che ripetono l’invocazione, andranno in cielo perché hanno fatto la volontà del Padre. In 1 Tessalonicesi 5:17 vi è scritto di

TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO:
“Pregare incessantemente”
come avviene nel Salmo 135 e più intensamente in Rivelazione 4:8.
Per questa ragione non si può usare la traduzione “ripetere”, perché nella Bibbia ripetere una preghiera che venga dal cuore è considerata accettabile.
Alcune fonti traducono “battologeò” con “ripetere” poiché nell’uso di “molte parole” si potrebbe “ripetere” la stessa parola. Questa traduzione estesa e scostata dal suo significato originale, seppur letteralmente accettabile, non lo è teologicamente, in quanto contraddice le altre scritture.

Chi sono le persone delle altre nazioni che pregano senza la partecipazione dello spirito?
La KIT e la TNM traducono la parola greca εθνικοί (ethnikòi) in “le persone delle nazioni” alludendo, secondo il geovismo, a tutte le persone che non siano TdG. In realtà il termine indica più precisamente i “pagani, Gentili” ed erano i non appartenenti al popolo ebraico, cioè coloro che prevedevano nella preghiera l’uso di più volte delle stesse parole credendo che l’insistenza di queste potesse attribuire a loro un potere magico. La lunghezza della preghiera era frutto solo di una pretesa.

Il Thayer, Greek English Lexicon of the New Testament è preso in considerazione varie volte dalla WTS, (per esempio in Perspicacia volume 2 pagina 864) a pagina 168 la radice εθνικ- indica i “Gentili”.

Il The New Testament in an Improved Version è preso in considerazione varie volte dalla WTS, (per esempio nella Torre di Guardia del 1/6/1988 pagina 17 paragrafo 8) e in Matteo 6:7 traduce con “gentili”.

Possibile conclusione
Il Corpo Direttivo in questo versetto vuole asserire che nella preghiera, compiuta dalle persone delle altre nazioni (tra cui i cattolici), non si debbano compiere ripetizioni di parole (come l’Ave Maria, il Padre Nostro ecc.) nonostante la stessa Bibbia provi il contrario.

[Vedi Matteo 5:47]

[youtube][/youtube]
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Achille
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Messaggio da Achille »

Karouomo ha scritto:.....Chi sono le persone delle altre nazioni che pregano senza la partecipazione dello spirito?
La KIT e la TNM traducono la parola greca εθνικοί (ethnikòi) in “le persone delle nazioni” alludendo, secondo il geovismo, a tutte le persone che non siano TdG. In realtà il termine indica più precisamente i “pagani, Gentili” ed erano i non appartenenti al popolo ebraico, cioè coloro che prevedevano nella preghiera l’uso di più volte delle stesse parole credendo che l’insistenza di queste potesse attribuire a loro un potere magico. La lunghezza della preghiera era frutto solo di una pretesa.
Nella nota in calce de l'Evangile S. Matthieu (1924) di A. Durand, si legge:

Immagine

Traduzione:

«“Pregando non usate molte parole”, alla lettera: “Non mormorate delle formule”. Gli orientali, soprattutto i pagani, facilmente attribuivano una specie di virtù magica alle parole delle loro preghiere, ritenendole tanto più efficaci quanto più le ripetevano a lungo, presto e ad alta voce. Abbandonata questa persuasione superstiziosa, non è proibito né pregare con una formula, poiché Gesù Cristo ci insegna qui il “Padre Nostro”, né ripetere la stessa preghiera, come fece egli nel giardino di Gethsemani, né pregare a lungo, secondo la propria devozione. Basta essere persuasi che l'efficacia di una preghiera non dipende dalle parole che si pronunciano nè dal tempo che vi si impiega».

Complimenti per questa tua analisi :strettamano:

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Messaggio da Karouomo »

Achille Lorenzi ha scritto:
Karouomo ha scritto:.....Chi sono le persone delle altre nazioni che pregano senza la partecipazione dello spirito?
La KIT e la TNM traducono la parola greca εθνικοί (ethnikòi) in “le persone delle nazioni” alludendo, secondo il geovismo, a tutte le persone che non siano TdG. In realtà il termine indica più precisamente i “pagani, Gentili” ed erano i non appartenenti al popolo ebraico, cioè coloro che prevedevano nella preghiera l’uso di più volte delle stesse parole credendo che l’insistenza di queste potesse attribuire a loro un potere magico. La lunghezza della preghiera era frutto solo di una pretesa.
Nella nota in calce de l'Evangile S. Matthieu (1924) di A. Durand, si legge:

Immagine

Traduzione:

«“Pregando non usate molte parole”, alla lettera: “Non mormorate delle formule”. Gli orientali, soprattutto i pagani, facilmente attribuivano una specie di virtù magica alle parole delle loro preghiere, ritenendole tanto più efficaci quanto più le ripetevano a lungo, presto e ad alta voce. Abbandonata questa persuasione superstiziosa, non è proibito né pregare con una formula, poiché Gesù Cristo ci insegna qui il “Padre Nostro”, né ripetere la stessa preghiera, come fece egli nel giardino di Gethsemani, né pregare a lungo, secondo la propria devozione. Basta essere persuasi che l'efficacia di una preghiera non dipende dalle parole che si pronunciano nè dal tempo che vi si impiega».

Complimenti per questa tua analisi :strettamano:

Achille
Grazie per i complimenti e per l'ulteriore precisazione :capo:
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Complimenti!
hai fatto un gran bel lavoro, molto utile
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Karouomo
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Karouomo ha scritto:
e in Atti 1:14 Gesù e Maria

TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO:
“…perseveravano nella preghiera,…”
.

!
"...e in Atti 1:14 Maria ed altre persone fecero come Gesù, perseveravano nella preghiera".
La fretta mi ha un po' fuorviato, Maria e Gesù avevano pregato in momenti distinti e non nello stesso momento. Chissà però se mentre Maria stava pregando anche Gesù non stesse facendo lo stesso nell'alto dei cieli, e quindi entrambi pregassero ma in condizioni differenti.

Ringrazio per la precisazione l'utente Demolizioni Torri.
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Scrivo per riportare all'attenzione il post di Karouomo...

Messaggio da Demolizioni Torri »

... perché ha fatto un gran bel lavoro e merita di essere letto da molti
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