L’essere umano ha un anima immortale
Antico Testamento. Cominciamo col dire che la parola ebraica nephesh ha diversi significati tra cui ‘creatura che respira’ o ‘anima che vive’, ‘uomo’ ‘persona’; e difatti è stata tradotta anche con ‘anima vivente’ come nella Genesi quando è scritto: "L’Eterno Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente (nephesh)" (Gen. 2:7); e con ‘persona’ come per esempio nell’Esodo dove è detto a proposito della Pasqua: "...perché chiunque mangerà qualcosa di lievitato, quel tale (nephesh) sarà reciso dalla raunanza d’Israele" (Es. 12:19) (Diodati ha tradotto "quella persona"); o quando è detto nel Levitico: "Quando qualcuno (nephesh) avrà peccato per errore..." (Lev. 4:2) (Diodati ha tradotto "Quando alcuna persona..."); o quando nei Numeri è detto: "Ma la persona (nephesh) che agisce con proposito deliberato, sia nativo del paese o straniero, oltraggia l’Eterno; quella persona (nephesh) sarà sterminata di fra il suo popolo’ (Num. 15:30). Questa è la ragione per cui non ci si deve sorprendere se le persone nell’Antico Testamento vengono chiamate anche anime come per esempio quando Mosè dice che gli Israeliti batterono Sihon, re degli Amorei "coi suoi figliuoli e con tutto il suo popolo, in guisa che non gli rimase più anima viva" (Num. 21:35) (Diodati ha tradotto "alcuno in vita"), o quando in Giosuè è detto che "i figliuoli d’Israele si tennero per sé tutto il bottino di quelle città e il bestiame, ma misero a fil di spada tutti gli uomini fino al loro completo sterminio, senza lasciare anima viva" (Gios. 11:14) (Diodati ha tradotto "alcun’anima in vita"). D’altronde anche nella lingua italiana talvolta si usa il termine anima per indicare una persona. Ma oltre a ciò dobbiamo dire che la parola nephesh significa anche ‘anima’ cioè quella parte spirituale dell’uomo che è all’interno dell’uomo e che alla morte si diparte dal corpo. E difatti l’uomo sin dall’Antico Testamento veniva descritto come un’essere possedente un’anima spirituale e immortale all’interno del corpo che all’atto della morte si dipartiva da esso. Ecco alcuni passi che mostrano ciò. Isaia dice: "Con l’anima mia (nephesh) ti desidero, durante la notte" (Is. 26:9); Habacuc dice dell’empio che "l’anima sua (nephesh) è gonfia, non è retta in lui" (Hab. 2:4); quando Rebecca stava per morire in seguito al duro parto che ebbe, la Scrittura dice che "com’ella stava per render l’anima (perché morì), pose nome al bimbo Ben-Oni" (Gen. 35:18) (Diodati ha tradotto: "E come l’anima sua (nephesh) si partiva..."); quando la Scrittura descrive la morte dei fanciulli al tempo della distruzione di Gerusalemme per mano di Nebucadnetsar, essa dice che essi "venivano meno come de’ feriti a morte nelle piazze della città, e rendevano l’anima (nephesh) sul seno delle madri loro" (Lam. 2:12); quando Elia si inoltrò nel deserto e sotto quella ginestra espresse il desiderio di morire disse a Dio: "Basta! Prendi ora, o Eterno, l’anima mia (nephesh), poiché io non valgo meglio de’ miei padri" (1 Re 19:4); quando Elia pregò Dio di risuscitare il figlio della vedova, di cui lui era ospite, disse a Dio: "O Eterno, Iddio mio, torni ti prego, l’anima (nephesh) di questo fanciullo in lui!’ E l’Eterno esaudì la voce d’Elia: l’anima (nephesh) del fanciullo tornò in lui, ed ei fu reso alla vita" (1 Re 17:21-22); quando Giobbe parla della morte dell’empio dice: "Quale speranza rimane mai all’empio quando Iddio gli toglie, gli rapisce l’anima (nephesh)?" (Giob. 27:8). Sono quindi del tutto vani i ragionamenti che gli Avventisti fanno per sostenere che sotto l’Antico Testamento non è presente l’idea dell’esistenza di un’anima spirituale e immortale all’interno del corpo dell’uomo.
Nuovo Testamento. Ma passiamo ora a dimostrare che anche sotto il Nuovo Patto le cose non cambiano perché le Scritture del Nuovo Patto attestano ciò che attesta anche l’Antico Patto, e cioè che l’uomo oltre ad essere chiamato anima, possiede all’interno del suo corpo un’anima immortale che continua a vivere dopo la morte. Questo perché la parola greca psuche significa sia ‘persona’ che ‘anima razionale e immortale’. Vediamo innanzi tutto alcuni passi in cui la parola greca psuche è stata tradotta con ‘anima’ e indica l’intera persona e non una parte di essa. Negli Atti degli apostoli è detto che "Giuseppe mandò a chiamare Giacobbe suo padre, e tutto il suo parentado, che era di settantacinque anime (psuchas)" (Atti 7:14), che "ogni anima (psuche) era presa da timore" (Atti 2:43) e che "ogni anima (psuche) la quale non avrà ascoltato codesto profeta, sarà del tutto distrutta di fra il popolo" (Atti 3:23). Pietro dice nella sua prima epistola che nell’arca "poche anime (psuchas), cioè otto, furon salvate tra mezzo all’acqua" (1 Piet. 3:20); e nella seconda epistola egli dice che i falsi dottori "adescano le anime (psuchas) instabili" (2 Piet. 2:14). In altri passi sempre la parola psuche è stata tradotta con ‘persona’; come per esempio negli Atti quando è detto: "E in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone (psuchas)" (Atti 2:41); e: "Or eravamo sulla nave fra tutti, dugentosettantasei persone (psuchas)" (Atti 27:37), e ai Romani: "Ogni persona (psuche) sia sottoposta alle autorità superiori.." (Rom. 13:1), e questo perché questa parola greca significa anche ‘persona’. Dunque, in tutti questi passi qui sopra citati la parola greca psuche significa ‘persona’. Adesso vediamo quei passi del Nuovo Testamento dove la parola greca psuche significa ‘anima’ nel senso di parte spirituale razionale e immortale presente all’interno del corpo umano. "L’intero essere vostro, lo spirito, l’anima (psuche) ed il corpo, sia conservato irreprensibile, per la venuta del Signor nostro Gesù Cristo" (1 Tess. 5:23); "Perché la parola di Dio è vivente ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla divisione dell’anima (psuche) e dello spirito.." (Ebr. 4:12); "Ma Paolo, sceso a basso, si buttò su di lui, e abbracciatolo, disse: Non fate tanto strepito, perché l’anima sua (psuche) è in lui" (Atti 20:10); "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima (psuche)" (Matt. 10:28). Alla luce di queste Scritture si rimane meravigliati nel sentire dire agli Avventisti che l’anima designa l’essere umano nel suo insieme e non una parte distinta dal corpo umano che è all’interno dell’uomo! Ecco ora altri passi del Nuovo Testamento che attestano chiaramente l’esistenza dell’anima nell’uomo e la sua immortalità e il suo distacco dal corpo alla morte. Cominciamo coll’apparizione di Mosè sul monte santo assieme ad Elia, la Scrittura dice: "Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che stavan conversando con lui" (Matt. 17:3), cioè con Gesù; quindi quella che apparve ai discepoli era l’anima di Mosè, non poteva essere il corpo perché esso era stato sepolto da Dio nella valle di Moab ed attendeva e attende la risurrezione. Ma gli Avventisti nel loro Dizionario hanno aggirato l’ostacolo usando la menzogna infatti affermano: ‘E’ Mosè, non il suo fantasma, Mosè dopo la sua morte resuscitato da Dio’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 336); e questo lo dicono rifacendosi alle seguenti parole di Ellen G. White: ‘Mosè subì la morte, ma non restò nella tomba. Cristo stesso lo richiamò alla vita...’ (Ellen G. White, La speranza dell’uomo, pag. 300), ed ancora: ‘Egli, comunque, non rimase a lungo nella tomba; Cristo stesso, con gli angeli che avevano seppellito Mosè, sarebbe sceso dal cielo per richiamarlo dal sonno dei santi (…) Il Salvatore non entrò in polemica con il tentatore, ma aprì una prima breccia nella fortezza del suo avversario, ridando la vita a Mosè. (…) egli, nel nome del Redentore ottenne la grazia e fu risorto a vita immortale; uscì dalla tomba glorificato…’ (Ellen G. White, Conquistatori di pace, pag. 378-379). Ma noi diciamo: ma come poteva Mosè essere risuscitato quando Cristo è il primogenito dei morti, cioè il primo uomo ad essere risuscitato con un corpo immortale? Ma come poteva essere risuscitato Mosè quando ancora la risurrezione dei giusti deve compiersi? Ma che vogliono dire gli Avventisti? Forse che Gesù mentì allora quando disse che "l’ora viene in cui tutti quelli che son nei sepolcri, udranno la sua voce e ne verranno fuori" (Giov. 5:28) perché avrebbe dovuto dire tutti meno Mosè che era già risuscitato? No, Gesù non ha mentito, ma hanno mentito sia Mario Maggiolini, l’autore dell’articolo dedicato alla risurrezione nel Dizionario di dottrine bibliche, che Ellen G. White nei suoi libri. E’ grave insegnare che quello che apparve ai discepoli assieme ad Elia era Mosè risorto, perché in questa maniera tante anime rimangono ingannate e credono che non fu l’anima di Mosè ad apparire ai discepoli. Che poi questo fatto di dire da parte degli Avventisti che Mosè risuscitò contraddice non solo la sacra Scrittura ma anche la dottrina del giudizio investigativo da loro stessi insegnata. Vediamo perché. Gli Avventisti dicono quanto segue a riguardo del giudizio investigativo: ‘La prima fase del giudizio riguarda la Chiesa o meglio tutti coloro che, a partire da Adamo, si sono addormentati nel Signore o che saranno viventi prima del ritorno di Gesù. Questo giudizio precede, quindi, il ritorno di Cristo (…). E’ una vasta inchiesta, o giudizio investigativo, avente come scopo di determinare coloro, tra gli uomini, che sono degni di avere parte alla risurrezione tra i morti, o prima risurrezione o che, essendo ancora in vita al momento del ritorno di Cristo, saranno trasformati senza passare per la morte’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 189). Ora, se il giudizio investigativo è cominciato solo il 22 ottobre 1844 e Mosè fu reputato degno di risuscitare a vita immortale molti secoli prima di quell’anno, perché mentre Gesù era sulla terra egli era già risorto, per lui non ci fu nessun giudizio investigativo. Dunque non è vero che questo giudizio investigativo riguarda tutti coloro che si sono addormentati nel Signore da Adamo in avanti, perché Mosè ne sarebbe escluso [3]. Voglio che notiate come la White è stata resa confusa da Dio perché ha voluto far dire alla Scrittura ciò che ha voluto. Per sostenere che l’uomo non ha un’anima immortale ella ha dovuto ricorrere alla menzogna della risurrezione di Mosè, menzogna però che le si è rivolta contro perché annulla la dottrina del giudizio investigativo da lei tenacemente insegnata, infatti Mosè sarebbe risorto senza aver subìto il giudizio investigativo, dato che questo cominciò solo il 22 ottobre 1844 e terminerà poco prima del ritorno di Cristo. La si tenga ben presente questa contraddizione e la si faccia presente agli Avventisti per persuaderli che essi sono nel torto. Proseguiamo; Giovanni dice: "E quando ebbe aperto il quinto suggello, io vidi sotto l’altare le anime (psuchas) di quelli ch’erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa..." (Ap. 6:9); non è anche questa una conferma dell’esistenza dell’anima nell’uomo e che quando una persona muore la sua anima si distacca dal corpo e continua a vivere nel mondo invisibile? non è forse questa una conferma delle parole di Gesù: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima" (Matt. 10:28)? Come potete vedere da voi stessi la parola greca tradotta ‘anima’ in questo caso non indica la persona nel suo intero essere ma solo una parte della persona, cioè quella parte razionale e immortale presente in essa. E che dire poi di queste altre parole di Giovanni: "E vidi le anime (psuchas) di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non aveano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni" (Ap. 20:4)? Non confermano anch’esse che l’anima è qualcosa di differente dal corpo che si distacca dal corpo e continua a vivere quando questo muore? Notate che c’è scritto che Giovanni vide quelle anime tornare in vita, cioè tornare a vivere con un corpo. Il che conferma che tra la morte e la risurrezione il credente nel mondo ultraterreno continua ad esistere con l’anima. In attesa naturalmente di riprendere il corpo con il quale era morto, ma un corpo glorioso e immortale e non più debole e mortale.
Come si evince sia gli Avventisti che i TdG rifiutano il concetto di anima immortale, Russell pur non credendo che alla morte l'anima possa avere una consapevolezza credeva però nel "sonno dell'anima" una sorta di stasi, la quale sarebbe stata svegliata nell'ultimo giorno, in seguito Rutherford si allineò con il pensiero avventista.