Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22
Tu parti dall'idea che Kyrios sia un titolo meramente funzionale, attribuito a Gesù dopo la sua esaltazione post-risurrezione. Ma questa interpretazione non regge. Nel Nuovo Testamento, Kyrios come detto viene spesso utilizzato in modo assoluto, e in contesti che indicano chiaramente una sovranità divina, come ad esempio Filippesi 2:9-11: "Dio gli ha dato il Nome che è sopra ogni nome... affinché ogni lingua proclami che Gesù Cristo è Kyrios." Qui non si parla di una funzione attribuita, ma del riconoscimento universale della sovranità di Cristo come partecipazione alla signoria divina. Lo stesso avviene in Romani 10:9-13, dove Paolo cita Gioele 2:32 (che nel contesto ebraico si riferisce chiaramente a Dio) applicandolo a Gesù: confessare che "Gesù è Kyrios" è equivalente a invocare Dio.
No.
Io non "parto dall'idea".
Il fatto che kyrios sia un titolo che descrive semplicemente il
nuovo status di cui è insignito il Cristo dopo la resurrezione, l'esaltazione e l'intronizzazione celeste, lo si desume dai testi stessi, ovvero da Atti 2:36 e Filippesi 2:9-11, che sono molto espliciti a riguardo. Entrambi evidenziano che il titolo kyrios e il "Nome al di sopra di ogni nome" sono attribuiti a Gesù in seguito alla sua resurrezione ed esaltazione celeste, sottolineando oltretutto il carattere concessivo e non ontologico di tali attribuzioni.
In Atti 2:30-36 si legge: "Essendo dunque profeta [si parla del re Davide], e sapendo che Dio gli aveva promesso con giuramento di far sedere sul suo trono uno dei suoi discendenti, egli, prevedendo questo, parlò della risurrezione di Cristo, dicendo che non sarebbe stato abbandonato nell'Ades e che la sua carne non avrebbe visto la decomposizione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo testimoni. Egli dunque, essendo stato esaltato (ὑψωθείς, hypsōtheis) alla destra di Dio e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite. Davide infatti non è salito in cielo; tuttavia egli dice: 'Il Signore [κύριος, kyrios, ma nell'originale ebraico ricorre il Tetragramma] ha detto al mio Signore [κύριος, kyrios, ma nell'originale ebraico ricorre adoni]: "Siedi alla mia destra, finché io abbia messo i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi"'. Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito (ἐποίησεν, epoiēsen) Signore [kyrios] e Cristo [Christos] quel Gesù che voi avete crocifisso".
Il verbo greco ὑψωθείς (hypsōtheis, "essendo stato esaltato") deriva da ὑψόω (hypsóō, "elevare, innalzare") e descrive l'atto mediante il quale Dio eleva Cristo a una posizione superiore, conferendogli una dignità celeste che non possedeva in precedenza. Questo verbo implica un cambiamento di stato: dopo la resurrezione, Gesù è stato elevato alla destra di Dio, e questo lo identifica come il Messia celeste di cui si parla nel Salmo 110. Il verbo ἐποίησεν (epoiēsen, "ha costituito") sottolinea ulteriormente il carattere concessivo di questa attribuzione: Dio ha "fatto" Gesù kyrios e Christos a seguito della sua esaltazione celeste. I termini kyrios e Christos sono giustapposti per evidenziare la signoria sul resto del creato (espressa dal termine kyrios) e l’unzione messianica (espressa dal termine Christos).
Il contesto di questo passo si radica nel Salmo 110:1, a cui Pietro fa esplicito riferimento. Il Messia (adoni) è descritto come distinto da Dio (HaShem), ovvero come colui che è invitato da Dio a sedere alla Sua destra. Nel discorso di Pietro si sottolinea che Dio ha elevato Gesù a una posizione di autorità e sovranità senza mai identificarlo ontologicamente con Dio stesso. Se si interpretasse kyrios come sinonimo di Theos (Dio), si giungerebbe alla conclusione che Dio abbia "fatto diventare" Gesù Dio, mentre in realtà lo ha "fatto diventare" l'adoni del Salmo 110, lo ha "fatto diventare" (lo ha costituito) signore e Messia.
In Filippesi 2:9-11, Paolo scrive: "Perciò Dio lo ha sovra-esaltato (ὑπερύψωσεν, hyperypsōsen) e gli ha concesso per grazia (ἐχαρίσατο, echarisato) il Nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi... e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è Signore [kyrios], a gloria di Dio Padre". Il verbo greco ὑπερύψωσεν (hyperypsōsen, "ha sovra-esaltato") è una forma intensificata di ὑψόω (hypsóō, "innalzare"), lo stesso verbo incontrato precedentemente. Questo atto lo colloca in una posizione superiore rispetto a tutte le altre creature, pur mantenendo la sua subordinazione a Dio, che gli ha conferito questa signoria. Il verbo ἐχαρίσατο (echarisato, "ha concesso") deriva da χαρίζομαι (charízomai, "concedere, donare per grazia") ed evidenzia che il "Nome al di sopra di ogni nome" è stato dato a Cristo come un atto di grazia divina. La concessione per grazia di questo Nome implica che Cristo non lo possedeva in precedenza, ma lo ha ricevuto da Dio come un atto deliberato e gratuito della Sua volontà.
Confessare che "Gesù è kyrios" non equivale a identificarlo ontologicamente come Dio, bensì a identificarlo come il Messia celeste del Salmo 110, ovvero come colui che siede alla destra di Dio, avendo ricevuto una signoria sul resto del creato per grazia divina non per "natura", ovvero non per identificazione ontologica con Dio. Questa enfasi sul fatto che l'attribuzione del Nome è un atto di grazia di Dio nei confronti di Gesù conferma una chiara differenziazione ontologica tra Dio e il Cristo esaltato ed intronizzato nei cieli.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22
Inoltre il tuo ragionamento non considera appieno il fatto che il termine "maran" in 1 Corinzi 16:22 non deve necessariamente confutare l'uso assoluto di "Kyrios" per Gesù. In effetti, l'interpretazione di "maran atà" come "nostro signore" non mette in discussione il significato divino di "Kyrios" ma, al contrario, dobbiamo guardare a Kyrios, che è un termine dal significato ben definito e usato nel Nuovo Testamento in un contesto chiaro per descrivere la divinità di Gesù. Proprio Kyrios, infatti, è il termine che dà solidità e certezza all'interpretazione di "maran" come un riconoscimento di signoria divina.
Il problema è che il termine κύριος (kyrios) non è impiegato per "descrivere la divinità di Gesù", come suggerisci. In particolare, alla luce degli asserti cristologici contenuti in Atti 2:36, dove l'uso del termine κύριος (kyrios) è giustapposto al titolo Messia e l'intenzione è quella di identificare il Cristo esaltato con il Messia del Salmo 110. Nel Salmo 110, la distinzione ontologica tra Dio e il Suo Messia appare evidente ed inequivocabile, e non esistono indizi o prove che suggeriscano che la comprensione cristologica di questo Salmo abbia mai annullato o obliterato tale distinzione.
Il passo in questione afferma che Dio ha "costituito" (ἐποίησεν, epoiēsen) Gesù come "signore" (κύριος, kyrios) e "Messia" (Χριστός, Christos), implicando un atto di Dio nei confronti di Gesù piuttosto che un'affermazione ontologica. Questo porta ad escludere che l'uso del termine κύριος (kyrios) possa assumere un significato, ontologicamente rilevante, finalizzato a identificare Gesù con Dio.
Per quanto riguarda 1 Corinzi 16:22 e l’espressione "maran atha", è importante sottolineare innanzitutto che tale espressione ha una connotazione escatologica piuttosto che ontologica, ed è legata all'attesa del ritorno di Cristo come giudice escatologico. In questo contesto, kyrios è evidentemente usato per riferirsi a Gesù nella sua veste di giudice escatologico, senza affatto implicare una identificazione ontologica tra Dio e Gesù, tenendo conto proprio del fatto che Gesù era atteso come il giudice escatologico incaricato da Dio di eseguire il giudizio alla fine dei tempi.
Ma al di là di queste considerazioni, come ho già sottolineato l'uso di maran attesta semplicemente che non esiste una netta discontinuità tra il linguaggio usato prima e dopo gli eventi pasquali, se appunto postuliamo che, per deferenza, ci si rivolgesse al Gesù storico chiamandolo "mio signore" o "nostro signore" come era usuale fare nei confronti di persone autorevoli. L’espressione "nostro signore," che troviamo in maran athà, sarebbe quindi pienamente in linea con l'uso precedente e non introduce un’identificazione ontologica di Gesù con Dio, così come non la introduce l'uso del titolo kyrios usato per identificare il Cristo esaltato ed intronizzato nei cieli col Messia celeste (kyrios) del Salmo 110!
La signoria del Cristo esaltato è una signoria che gli viene data da Dio non una prerogativa che il Cristo possedeva già.
L'aspetto concessivo e non ontologico è rimarcato in misura maggiore nell'encomio di Filippesi in cui Paolo sottolinea che l'attribuzione del Nome è un atto di grazia da parte di Dio nei confronti di Gesù, ovvero un dono gratuito da parte di Dio nei confronti di Gesù. Se Paolo credeva che Gesù fosse Dio in senso ontologico, non avrebbe parlato dell'attribuzione del Nome come di un atto di grazia.
Semplificando per chi ci legge: non si regala qualcosa a qualcuno se quel qualcuno quella cosa già la possiede.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22L'uso di "Kyrios" nello stesso versetto, ci dà il fondamento teologico per capire "maran" come riferito alla signoria di Cristo. Anche se "maran" non è un titolo esclusivo per Dio
Appunto maran (nostro signore) non è un titolo esclusivo per Dio.
Non solo.
In realtà nemmeno kyrios è un titolo esclusivo per Dio.
Il titolo kyrios, nel contesto della cristologia dell'esaltazione lucana espressa in Atti, si riferisce al kyrios (Messia celeste) del Salmo 110 e non indica una identificazione ontologica di Gesù con Dio.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22l'uso di "Kyrios" risolve tale ambiguità indicando chiaramente che Gesù è il Signore divino.
L'uso di kyrios indica semplicemente che Gesù è il kyrios di cui si parla nel Salmo 110 ed il kyrios di cui si parla nel Salmo 110 non solo è distinto da Dio ma non è nemmeno ontologicamente identificato o identificabile con Lui.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22Insomma, Cristo è definito Kyrios in senso assoluto e a questo Kyrios la comunità si rivolge con l'invocazione "Maranatha" per rendergli il culto.
Che tipo di culto?
Certamente non un culto di latria.
Infatti si può solo prendere atto del fatto che un culto di latria non è attestato in nessun documento confluito nel NT.
Abbiamo già visto infatti che i documenti confluiti nel NT non attestano da nessuna parte che a Gesù venisse reso un culto di latria.
L'espressione in sé stessa auspica l'atteso ritorno del Messia celeste come giudice escatologico.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22Ma come abbiamo già discusso, è Il prof. Jossa, che facendo leva proprio su Atti 2:36, sottolinea che l'uso assoluto del termine "Kyrios" era riservato esclusivamente a Dio nel contesto giudaico. Attribuire a Gesù il titolo di "Kyrios" in senso assoluto, come avviene nel Nuovo Testamento, rappresenta una novità teologica che non ha precedenti nel pensiero giudaico.
Come detto, più che altro sembra di capire che per Jossa "l'affermazione della natura divina di Gesù" in Paolo sarebbe almeno implicitamente (sic!) contenuta nel testo dell'encomio di Filippesi e non direttamente "mediata" dal titolo "signore" che Jossa stesso non considera essere l'equivalente di Theos. Infatti Jossa afferma che: "ha certamente ragione Dunn quando afferma che chiamare Gesù "signore" non significava identificarlo con Dio". Ma tralasciamo pure questo fatto.
Il problema è un altro.
Non sembra affatto che col titolo kyrios ci si rivolgesse esclusivamente a Dio nel contesto giudaico. A dirla tutta questa asserzione non è vera nemmeno nel contesto giudaico-cristiano come testimoniato dallo stesso NT e, per quel che può valere, non è vera nemmeno nella letteratura cristiana antica.
Insomma non sembra affatto che "l'uso assoluto del termine kyrios era riservato esclusivamente a Dio nel contesto giudaico".
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22Infatti, come afferma il GLNT ( vol II,840) “Gesù, sedendo alla destra di Dio, non solo partecipava alla sua gloria, potenza e divinità”, ma “assumeva anche una sovranità universale, che lo rendeva compartecipe della signoria divina”. ( GLNT vol V,1472) Questa prospettiva è chiarita dal fatto che, come afferma il Kittel, “sedere alla destra di Dio era un segno di partecipazione al suo potere e autorità, "Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso". “In Atti2,36, “il suo sedere alla destra di Dio implica la partecipazione diretta alla signoria divina”. In altre parole, il sedere alla destra di Dio non indicava solo una posizione di onorificenza, ma una partecipazione attiva nella sua signoria e potere sovrano.
Non mi sembra di essermi mai riferito all'esaltazione e all'intronizzazione celeste del Cristo resuscitato nei termini di una "posizione di onorificenza" (espressione che non ho mai usato): ho sempre parlato di una posizione che contempla l'esercizio della signoria sul resto del creato e l'esercizio del giudizio in qualità di giudice escatologico.
Il punto è che questa esaltazione ed intronizzazione celeste che contempla l'esercizio della signoria sul resto del creato e l'esercizio del giudizio escatologico non implica una identificazione ontologica di Gesù con Dio perché il Cristo resuscitato viene si ad occupare una posizione di autorità (signoria sul resto del creato ed il giudizio escatologico) ma è una posizione che non occupava precedentemente, ed è una posizione che Dio conferisce al Cristo resuscitato. Inoltre il Cristo pur nell'esercizio della signoria sul resto del creato e nel suo ruolo di giudice escatologico resta subordinato a Dio ed ontologicamente distinto da Lui.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22Quindi Pietro sta affermando che la risurrezione ha reso manifesto pubblicamente ciò che Gesù
era già: un partecipe della sovranità divina.
Nel discorso di Pietro non si afferma che Gesù "era già" signore e Messia, ma si afferma che Gesù solo dopo la resurrezione è stato fatto/creato/nominato/eletto/costituito (dal verbo ποιέω) signore e Messia. Il Cristo esaltato deve la sua signoria ed unzione messianica a Dio. Se il Cristo fosse stato ontologicamente divino non ci sarebbe stato alcun bisogno di esaltazione o intronizzazione nei cieli. Se Gesù fosse stato ontologicamente di natura divina non avrebbe necessitato di un'investitura (ovvero dell'esaltazione e dell'intronizzazione); al contrario, Cristo avrebbe semplicemente ripreso una posizione che gli apparteneva già per natura. E questo è ancora più evidente nel contesto dell'encomio di Filippesi in cui si parla di un atto di grazia agito nei confronti di Gesù. In Filippesi 2:6-11, infatti si parla del conferimento del Nome come di un atto di grazia da parte di Dio.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22
E chi avrebbe soppiantato Il DENT e Il KITTEL? Casey e McGrath sono cappottato dalla sedia quando l’ho letto.
Sinceramente trovo che definire le opere che ho citato come "datate" sia piuttosto riduttivo e poco giustificato. È evidente che questa osservazione venga mossa più per difendere un punto di vista che per un'effettiva valutazione critica della qualità e dell'importanza di queste opere. Il fatto che tu consideri "superate" ricerche come quelle di Hengel, Fitzmyer e Hurtado che sono delle vere e proprie pietre miliari nella cristologia, suona quasi come un tentativo di minimizzare lavori che vanno contro le tue convinzioni. il Grande Lessico del Nuovo Testamento e il DENT sono opere monumentali, riconosciute universalmente come strumenti imprescindibili per l'interpretazione del Nuovo Testamento. Questi testi sono largamente citati nelle bibliografie di ogni serio studioso biblico e continuano a essere il riferimento principale per chiunque voglia comprendere la cristologia nel contesto del Nuovo Testamento. La realtà è che molte delle intuizioni di questi studiosi sono state confermate dalla ricerca successiva e continuano a costituire una base solida per lo studio di Kyrios e della divinità di Gesù. Quindi, definire queste opere come superate sembra più una mossa per sminuire il peso delle evidenze che portano.
In realtà poi, potrei tranquillamente sostenere le stesse tesi senza citare nemmeno una di queste opere, poiché sono ormai ampiamente accettate dal mondo accademico.
Il DENT e il KITTEL non hanno bisogno di essere "soppiantati", ma di essere aggiornati. Affermare che certe opere di consultazione sono datate non è né riduttivo né ingiustificato: è semplicemente una constatazione di buon senso. Le opere di riferimento, per quanto monumentali, non sono scolpite nella pietra e riflettono il loro tempo.
Pensare di affidarsi acriticamente a testi pubblicati 100 anni fa senza tener presente 100 anni di studi successivi equivale più o meno a cercare informazioni sulla seconda guerra mondiale leggendo la prima edizione dell’Enciclopedia Treccani, pubblicata tra il 1929 e il 1937.
Alla luce di studi più recenti alcune cose sono suscettibili di revisioni, altre magari di conferma.
Inoltre nessuno ha inteso sottovalutare né minimizzare l'importanza dei lavori di Hengel, Fitzmyer o Hurtado. Si tratta indubbiamente di contributi significativi nella storia degli studi sulla cristologia antica e più in generale nel campo degli studi sul Nuovo Testamento, ma è altrettanto importante contestualizzarli nel panorama dell'attuale dibattito accademico.
Ad esempio, le ipotesi di Hurtado sulla devozione a Gesù e il suo ruolo nel culto cristiano primitivo hanno ricevuto critiche rilevanti, specialmente per quanto riguarda alcune delle sue conclusioni su una presunta deificazione precoce di Gesù in senso "binitario". In ogni caso, la "monumentalità" di opere come il DENT e il KITTEL non è in discussione. Questi strumenti sono stati e rimangono fondamentali. Tuttavia non sono esenti dall’esigenza di un aggiornamento critico. La ricerca accademica è un processo continuo, in cui anche le "pietre miliari" devono essere rivisitate per incorporare nuove prospettive, metodologie e scoperte.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22Liberissimo di pensarla così, ma le opere accademiche, che sono ampiamente riconosciute nel mondo accademico, dicono altro. Quindi, anche se puoi avere un'opinione diversa, il consenso accademico sulla questione tende a confermare che Kyrios, quando è usato come titolo divino, non è inferiore a Theos nel Nuovo Testamento, riflettendo un'unica realtà divina. Non è solo una questione di opinioni personali, ma di ricerca accademica consolidata.
Non esiste alcun consenso accademico che "tende a confermare che Kyrios" sia sinonimo di Theos quando viene applicato a Cristo.
Kyrios fu utilizzato per sostituire il Tetragramma nella Settanta ma ciò non implica che kyrios divenne invariabilmente sinonimo di Theos o che sia tale quando viene applicato a Cristo. Nello stesso NT, kyrios può essere usato in "modo assoluto" e significare semplicemente "signore" o "padrone" in contesti dove ci si rivolge ad essere umani. In Matteo 13:27 ad esempio ci si rivolge ad un essere umano chiamandolo semplicemente "signore", il che attesta un "uso assoluto" del termine, dove il referente non è certamente Dio. E, come vedremo in un post o in una discussione a se stante, nel contesto del tardo Giudaismo il termine kyrios, anche nella sua forma assoluta, non era affatto una designazione esclusiva per Dio.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22La tesi di Holloway secondo cui Cristo sarebbe stato promosso al rango di un angelo portatore del Nome divino risulta profondamente in contrasto con la cristologia di Paolo. L’apostolo non utilizza mai il linguaggio angelologico per descrivere Cristo, e Paolo distingue nettamente tra Cristo e gli angeli e Colossesi 1:16-17, afferma che in Cristo sono state create tutte le cose, incluse le realtà invisibili come troni, signorie, principati e potestà, facendo capire che gli angeli sono creature e che Cristo ne è il creatore. Questo non è compatibile con l’idea di un Cristo-angelo promosso a un rango superiore.
Holloway sostiene inoltre che, in Filippesi 2:9, il “Nome sopra ogni nome” che Dio conferisce a Gesù sia un riferimento al ruolo di portatore del Nome divino, simile a figure angeliche come Yahoel o Metatron, presenti in alcune tradizioni giudaiche apocalittiche. Tuttavia, questa interpretazione non tiene conto del significato biblico e teologico del termine “Nome” nel giudaismo. Nella tradizione ebraica, infatti, “il Nome” si riferisce inequivocabilmente al Tetragramma HaShem, il nome sacro di Dio. Quando Paolo afferma che a Cristo è stato dato “il Nome che è sopra ogni nome”, sta dichiarando che a Gesù è stato conferito lo stesso Nome divino, un’affermazione che non trova riscontro nella tradizione angelologica.
Questo punto è rafforzato dal fatto che Paolo, subito dopo, cita Isaia 45:23 nella LXX: “Davanti a me ogni ginocchio si piegherà, ogni lingua giurerà fedeltà”. Nel contesto di Isaia, queste parole si riferiscono esclusivamente a HaShem, ma Paolo le applica a Gesù, affermando che nel nome di Gesù ogni ginocchio si piegherà e ogni lingua confesserà che Gesù è Kyrios. Nella traduzione greca della LXX, “Kyrios” è utilizzato come sostituto del Tetragramma, indicando chiaramente che Paolo sta identificando Gesù con il Dio d’Israele. Questa affermazione non può essere ridotta a un semplice riconoscimento di Gesù come portatore del Nome divino, ma va letta come un’affermazione di altissima cristologia.
Un elemento chiave che dimostra l’inconsistenza della tesi di Holloway è proprio la connessione tra Filippesi 2:10-11 e Isaia 45:23. Paolo applica a Gesù un passaggio che, nel contesto di Isaia, si riferisce esclusivamente a HaShem. Questo dimostra che Paolo vede Gesù come il destinatario della stessa adorazione riservata al Signore divino d’Israele. Si tratta di un’affermazione chiara e potente della divinità di Cristo, non di una promozione angelica.
Holloway, pur menzionando brevemente il legame tra Isaia 45:23 e Filippesi 2:5-11, non esplora le implicazioni cristologiche e intertestuali di questo riferimento. Questa omissione è significativa, perché un’analisi più attenta avrebbe mostrato che Paolo sta applicando a Cristo il titolo divino di Kyrios, identificandolo con il Signore dell’universo. Paolo non inserisce Cristo in una tradizione angelologica, ma lo presenta come il ricevente del Nome divino HaShem, un’affermazione di altissima cristologia che non può essere ricondotta a una concezione di Cristo come un semplice angelo.
1) Holloway non dice che Gesù è "diventato" un angelo, ma che Gesù preesisteva come un angelo e che è tornato ad essere un angelo più potente, in quanto gli è stato donato per grazia il "Nome al di sopra di ogni nome".
Su questo non sono d'accordo con lui perché appunto non credo che nell'encomio di Filippesi si faccia riferimento o si alluda ad una preesistenza di Gesù.
Ad ogni modo Holloway sostiene la tesi di Cristo come angelo preesistente perché ritiene che il linguaggio dell'encomio riprende non il linguaggio angeologico ma il linguaggio dei miti metamorfici.
Così, giusto per precisare, perché appunto come detto non mi sembra che l'encomio esprima esplicitamente o implicitamente una qualche allusione alla preesistenza di Gesù, nemmeno in forma angelica. Nell'encomio si parla dell'esistenza terrena di Gesù senza alcun riferimento ad una preesistenza.
2) In ogni caso l'encomio contempla il fatto che Gesù è in effetti divenuto un essere celeste a cui Dio ha donato per grazia il "Nome al di sopra di ogni nome", un tema che ritroviamo sia nella Bibbia che nella letteratura intertestamentaria applicato ad altri essere celesti, siano essi essere angelici o essere umani "angelificati".
3) Mario 70 mi ha preceduto nel farti notare che non ha senso citate la lettera ai Colossesi in quanto non è una lettera paolina ma pseudo-paolina. In ogni caso, riguardo a Colossesi 1:16-17, esiste tutto un dibattito per cercare di stabilire se il riferimento alla "creazione" abbiano valore protologico o escatologico.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22Vi è una sostanziale differenza tra Cristo, come presentato nel Nuovo Testamento, e Yahoel, figura angelica descritta nell'Apocalisse di Abramo. Mentre Cristo è esaltato come Signore e riceve un’adorazione
Continui a dire che Cristo "riceve un'adorazione" quando in realtà in nessun documento confluito nel NT c'è riferimento ad un culto di latria nei confronti di Gesù.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22che implica la sua partecipazione all’identità divina, Yahoel è semplicemente un angelo servitore che porta il nome di Dio e agisce con il potere derivante da quel nome, senza mai essere identificato con Dio stesso. Questa distinzione è fondamentale e dimostra che, mentre Cristo riceve una sovranità e un culto
Cristo riceve una sovranità sul resto del creato direttamente da Dio (restando, tra l'altro, a Lui subordinato) ma non leggiamo da nessuna parte che Cristo riceve un culto di latria.
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22 riservati esclusivamente a Dio, Yahoel rimane sempre un servitore subordinato.
Anche il Cristo esaltato, per Paolo, resta subordinato a Dio.
1 Corinzi 15:24-28
"Poi verrà la fine, quando consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Ma quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si eccettua colui che gli ha sottoposto ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottoposto, allora anche lui, il figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti."
Adelfos ha scritto: ↑08/01/2025, 3:22In Filippesi 2:9-11, Cristo viene esaltato dal Padre e riceve "il nome sopra ogni nome", un atto che va oltre il semplice riconoscimento del suo ruolo messianico. Questa esaltazione implica che Cristo sia destinatario dell’autorità divina e che la Sua sovranità sia universale, un elemento che nessun angelo, incluso Yahoel, può rivendicare. Al contrario,
Yahoel viene descritto come il sommo sacerdote celeste, una figura sacerdotale che non partecipa alla creazione né alla sovranità universale, ma che svolge un ruolo specifico di servizio.
La differenza più marcata tra Cristo e Yahoel riguarda l’adorazione.
Filippesi 2 afferma che ogni ginocchio si piegherà davanti a Cristo e ogni lingua confesserà che Egli è il Signore.
Questo atto di adorazione implica chiaramente che Cristo è incluso nell’identità unica di Dio. Yahoel, invece, pur essendo una figura importante, non riceve mai adorazione. Egli adora Dio, ma non è mai oggetto di culto. Questo dettaglio sottolinea la distinzione fondamentale tra le due figure: Cristo è adorato, mentre Yahoel è un adoratore.
La natura del nome attribuito a Cristo in Filippesi 2 è un altro elemento chiave. Cristo riceve il "nome sopra ogni nome", un riferimento che allude al nome divino HaShem stesso. Questo è un segno della Sua partecipazione alla sovranità di Dio. Yahoel, invece, porta il nome di Dio nel senso che agisce con la Sua autorità delegata, ma non è mai descritto come partecipe della natura divina.
Lo stesso McGrath ( pag.63) è costretto ad ammettere che la devozione rivolta a Cristo nei primi scritti cristiani, incluso il Vangelo di Giovanni, supera di gran lunga qualsiasi forma di attenzione rivolta a
figure angeliche o sacerdotali nella letteratura ebraica. Questo riconoscimento mette in evidenza come la posizione di Cristo sia unica e senza paralleli nel contesto del giudaismo del Secondo Tempio. Nessun angelo, neppure Yahoel, riceve lo stesso livello di venerazione e adorazione riservato a Cristo.
In conclusione, la differenza tra Yahoel e Cristo è profonda e significativa. Yahoel è un angelo che agisce come sommo sacerdote celeste, portando il nome di Dio, ma la sua funzione è quella di un servitore. Cristo, invece, riceve un’adorazione e un’autorità che lo identificano con Dio stesso. Ogni ginocchio si piega davanti a Lui, e ogni lingua confessa che Egli è il Signore, il che implica la Sua partecipazione all'identità unica di HaShem. Pertanto, qualsiasi tentativo di vedere Yahoel come un parallelo diretto di Cristo non trova supporto né nella teologia né nella letteratura biblica.
A parte il fatto che, tecnicamente, la prostrazione non è un atto di adorazione, nel senso che non rappresenta un "culto di latria" (cosa che hai riconosciuto tu stesso rispondendo a Mario).
Anche Gesù, in alcuni filoni dei vari gruppi gesuani antichi, viene descritto come il "sommo sacerdote" celeste, come attesta la lettera agli Ebrei.
I passi principali includono:
1. Ebrei 4:14-16
"
Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti, non abbiamo un
sommo sacerdote che non possa simpatizzare con le nostre debolezze, ma uno che è stato tentato in ogni cosa come noi, senza però commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno."
2. Ebrei 5:1-10
Questo capitolo approfondisce il tema del sacerdozio di Gesù, collegandolo all'ordine di Melchisedek:
"Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: 'Tu sei mio Figlio; oggi ti ho generato'. Come in un altro passo dice: 'Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek'."
3. Ebrei 7
L’intero capitolo 7 sviluppa il tema del sacerdozio celeste di Gesù.
4. Ebrei 8:1-2
"Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo:
noi abbiamo un sommo sacerdote tale che si è seduto alla destra del trono della Maestà nei cieli,
ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha costruito."
5. Ebrei 9:11-15
"Cristo invece, venuto come
sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non costruito da mani d'uomo, cioè non di questa creazione,
entrò una volta per sempre nel santuario [...] avendo ottenuto una redenzione eterna."
6. Ebrei 10:11-14
"Ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e a offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai togliere i peccati. Egli invece,
avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è seduto per sempre alla destra di Dio [...]".
Altri possibili riferimenti includono:
Romani 8:34: "Cristo Gesù è colui che è morto, anzi, che è risuscitato, che è alla destra di Dio e intercede per noi."
1 Giovanni 2:1: "Se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto."
Questi testi consolidano l'immagine di Gesù come intercessore e mediatore celeste, svolgendo un ruolo sacerdotale.