Un altro problema è la polarizzazione del discorso. Spesso, la critica ai Testimoni di Geova è presa in mano da associazioni cattoliche fortemente ideologizzate, che affrontano la questione solo dal punto di vista dottrinale, demonizzando l’organizzazione per la sua presunta "eresia" invece di analizzarla in modo serio e sistematico (come se il problema dei TdG fosse quello di non essere cattolici, LOL). Questo contribuisce a rafforzare la mentalità di vittimismo interna alla comunità geovista e non aiuta a creare consapevolezza tra i membri dubbiosi.
Il punto centrale che viene spesso ignorato è che il dibattito non deve focalizzarsi su aspetti dottrinali e sulle usanze della comunità dei Testimoni di Geova. Attaccare la loro teologia o il loro stile di vita contribuisce solo a creare una vacua intolleranza ignorante all'esterno e ad acuire, dall'interno, la loro sensazione di "persecuzione", rinforzando il loro senso di isolamento. Questo approccio è controproducente e non aiuta chi è dentro a prendere coscienza delle vere problematiche dell’organizzazione.
Invece, la discussione dovrebbe concentrarsi su questioni più concrete e gravi, come le violazioni dei diritti umani attraverso il controllo sociale, la soppressione del pensiero critico e il sistema di ostracismo che distrugge famiglie e relazioni. Questi sono i veri problemi che andrebbero analizzati e denunciati con serietà, perché hanno un impatto devastante sulla vita di chi è dentro e di chi tenta di uscirne.
Manca inoltre un’analisi approfondita sulle dinamiche di manipolazione, sull’uso della terminologia settaria per controllare il pensiero e sulla gestione delle informazioni interne. La realtà alternativa costruita dall’organizzazione viene spesso ridotta a semplici "divieti" senza esaminare come questi divieti siano solo strumenti di un sistema più ampio di condizionamento psicologico e isolamento progressivo. L’ostracismo, il doppio standard nell'interazione con l'opinione pubblica e la gestione delle crisi interne sono aspetti raramente approfonditi nel discorso italiano, mentre all’estero sono temi centrali delle analisi più serie sull’organizzazione.
Questa superficialità e il qualunquismo con cui viene trattato il tema contribuiscono a un’inefficacia complessiva nel contrastare i meccanismi coercitivi dell’organizzazione. Non si creano consapevolezza e strumenti adeguati per aiutare chi vuole uscirne, ma solo una generica intolleranza che finisce per rafforzare la chiusura mentale della comunità geovista.
Se si vuole davvero incidere sulla questione, serve un approccio più maturo e informato, capace di evidenziare la vera natura delle dinamiche di controllo e di proporre azioni concrete per supportare chi ne subisce gli effetti.
Scusate lo sfogo.
