Queste parole di Ecclesiaste escludono che ci sia un'anima immortale?
5 I vivi sanno che moriranno, ma i morti non sanno nulla; non c'è più salario per loro, perché il loro ricordo svanisce. 6 Il loro amore, il loro odio e la loro invidia, tutto è ormai finito, non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole.
Risposta:
Le parole che citi dall'Ecclesiaste, specificamente Ecclesiaste 9:5-6, sembrano a prima vista escludere l'esistenza di un'anima immortale o di qualsiasi forma di coscienza dopo la morte. Tuttavia, l'interpretazione di questi versetti e del libro dell'Ecclesiaste in generale è complessa e ha generato diverse letture nel corso dei secoli.
Il Contesto dell'Ecclesiaste: "Sotto il Sole"
Per comprendere appieno questi versi, è fondamentale considerare il tema centrale dell'Ecclesiaste: la vanità (o futilità) di tutto ciò che accade "sotto il sole". L'autore, Qohelet (il Predicatore), esplora la condizione umana da una prospettiva puramente terrena e materialista. Egli osserva che, da questa prospettiva limitata, la morte sembra porre fine a ogni cosa: conoscenza, ricompensa, emozioni e partecipazione alla vita.
Quando Qohelet afferma che "i morti non sanno nulla" e "non avranno più alcuna parte in tutto ciò che accade sotto il sole", si riferisce alla cessazione delle attività terrene e delle relazioni umane. Non stanno più vivendo, agendo o interagendo nel mondo fisico. Da un punto di vista umano e terreno, la morte è la fine di tutto ciò che conosciamo.
Altri Passaggi dell'Ecclesiaste e la Visione dello Spirito
Tuttavia, l'Ecclesiaste non si ferma a questa visione pessimistica. Il libro culmina con un'affermazione cruciale che viene spesso citata per controbilanciare i versetti sulla mortalità:
Ecclesiaste 12:7: "allora la polvere tornerà alla terra com'era prima, e lo spirito tornerà a Dio che l'ha dato."
Questo versetto suggerisce una distinzione chiara tra il corpo ("la polvere") che ritorna alla terra e lo spirito (in ebraico ruach, che può significare respiro vitale, spirito o anima) che ritorna a Dio. Molti interpreti vedono in questo passaggio l'indicazione di una sopravvivenza dello spirito, anche se la natura esatta di questa sopravvivenza non viene elaborata in dettaglio. Non parla di coscienza continua, ma di un ritorno a Dio di ciò che Egli ha dato.
Inoltre, il libro si conclude con l'idea di un giudizio divino:
Ecclesiaste 12:13-14: "Ascoltiamo la conclusione di tutto il discorso: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il tutto dell'uomo. Poiché Dio condurrà ogni opera in giudizio, insieme a ogni cosa nascosta, sia buona sia malvagia."
La prospettiva di un giudizio divino implica che le azioni umane hanno conseguenze eterne e che esiste una sorta di contabilità divina, il che sarebbe difficile da conciliare con un'annientamento totale dopo la morte.
Conclusione
Le parole di Ecclesiaste 9:5-6, prese isolatamente e nel contesto della visione "sotto il sole", suggeriscono la fine di ogni attività e conoscenza terrena per i morti. Tuttavia, se lette nel contesto più ampio del libro, in particolare con Ecclesiaste 12:7 e 12:13-14, non escludono necessariamente l'esistenza di un'anima o spirito che torna a Dio dopo la morte, né la prospettiva di un giudizio divino.
L'Ecclesiaste è meno interessato a definire la natura dell'aldilà e più focalizzato sulla riflessione sul significato della vita terrena in presenza della morte. La sua conclusione è che, nonostante la vanità di molte cose "sotto il sole", il vero scopo dell'uomo è temere Dio e obbedire ai suoi comandamenti, riconoscendo che c'è una dimensione che va oltre l'esistenza puramente materiale.
Quindi, anziché escludere un'anima immortale, l'Ecclesiaste presenta una visione della vita e della morte che enfatizza la mortalità terrena, ma lascia spazio a una dimensione spirituale che sfugge alla "vanità sotto il sole".
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