Questo è l'intervento che fece a Roma L'avvocato Daniel Shea a proposito di Ratzinger, alla Camera dei Deputati, a Montecitorio; non credo che sia venuto a Roma a raccontare bufale. Eccoti il dopo-cena servito.
INTERVENTO DI DANIEL SHEA
al Convegno del 22 giugno alla Camera dei Deputati
Buon pomeriggio signore e signori:
Ho apprezzato la gentile introduzione e ammetto di non essere qui a Roma,
probabilmente il centro della civilizzazione occidentale, senza un vago senso di
trepidazione. Tuttavia inizio subito a trattare i due argomenti per i quali sono stato
chiamato.
Primo, un breve resoconto sulla causa processuale che ha portato il Cardinale Joseph
Ratzinger davanti al banco della corte di giustizia americana in qualità di imputato di
causa civile – prima, durante e dopo il periodo della sua elezione papale.
Secondo, quali sono le conclusioni che, dalla mia personale prospettiva, possiamo
dedurre da questa penosa esperienza.
Innanzitutto la storia del Cardinale Ratzinger. Nel 2001, sono venuto a conoscenza che il
Cardinale Law a Boston ha pubblicamente dichiarato che: “Noi sapevamo che si trattasse
di peccato di pedofilia e non di un crimine”. Vi risparmio i commenti che ho fatto
ascoltando questa dichiarazione da parte di un responsabile di quella somma istituzione,
il cui acume intellettuale ha prodotto delle dichiarazioni essenziali per i fondamenti della
giurisprudenza occidentale. E’ ovvio che il cosiddetto “scandalo degli abusi sessuali del
clero” ebbe, da allora, la mia assoluta attenzione.
Così, alla fine del 2001, ho saputo che la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva
dato alcune precise istruzioni. Non essendo nuovo alla frequentazione del sito Vaticano
http://www.vatican.va" onclick="window.open(this.href);return false;, ho trovato un documento in latino datato 18 marzo 2001, conosciuto
con le prime due parole del titolo “Ad exequandam…..”, firmato dal Cardinale Joseph
Ratzinger e dall’Arcivescovo Tarcisio Bertone. Col mio latino un po’ rudimentale, che
può individuare solo il senso dei concetti, fui comunque in grado di comprendere un
chiaro riferimento al documento chiamato “Crimen Sollicitationis, un chiaro riferimento
quindi al crimine di adescamento, essendo, ovviamente un concetto di cui il Cardinale
Law dichiarò di non essere a conoscenza. “Ad exequandam” in sé è già un documento
scomodo, perché punta a coniugare i presupposti del “grave delitto morale” di un prete
che celebra messa con un “ministero per la comunità ecclesiale pur non avendo la dignità
della successione apostolica” sotto lo stesso cappello di un grave delitto morale di un
prete che commetta un crimine sessuale CON, non CONTRO, ma CON un minore di 18
anni. La lettera del 18 maggio 2001 impone il segreto pontificio sui processi interni alla
Chiesa e ordina che tutti gli atti e le trascrizioni siano inviate in Vaticano. Ho potuto alla
fine elaborare il contenuto della lettera del 18 maggio 2001. Vi basti sapere che un
avvocato dell’Ufficio della Corruzione Pubblica dell’FBI che ha rivisto la lettera, la ha
definita come “niente meno che una cospirazione internazionale per intralciare la
giustizia”.
Poi, ovviamente, all’interno della lettera del 18 maggio 2001, esisteva un riferimento alla
Crimen Solicitationis, un documento del 1962 emesso dalla stessa Congregazione, a
firma del Cardinale Alfredo Ottaviani, presumibilmente approvato da Papa Giovanni
XXIII. Conoscendo la storia di questi due individui non ho creduto per un istante che
Papa Giovanni fosse a conoscenza di questo documento stilato a suo nome – ma questa è
un’altra storia. In ogni caso, la Crimen Sollicitationis, in una nota, sembrava essere
stampato nel 1962 dalle Edizioni Internazionali Vaticane ma non vi era riferimento che
fosse stata redatta dalla Santa Sede. Così, la caccia a una copia del documento, fu
capeggiata dall’amica Kathy Shaw ed è arrivato nel mio ufficio in una busta marrone
chiusa, senza il mittente, con l’originale in latino e la traduzione in inglese.
Sono sicuro che avrete letto il documento Crimen Sollicitationis. La BBC ha sicuramente
fatto un ottimo lavoro portandolo all’attenzione di tutti. Per amore di brevità, dirò solo
quel che segue. Quando i vescovi inizialmente hanno tentato di ridurre la questione a
faccende da confessionale, ho dovuto far loro presente che il riferimento dell’art. 74 a
rapporti sessuali forzati con animali, certamente andava già ben oltre il confessionale.
Sono sempre stato addentro al fenomeno e ho esaminato molti casi. Comunque il
documento parla da solo.
Come poi sia diventato parte del processo in difesa delle vittime, è un’altra storia e non
ne parlo in questa sede. Salterò, quindi, al processo del 1994 a Houston contro la Diocesi
di Galveston-Houston. L’accusato è un seminarista diacono. Era arrivato negli Stati Uniti
dalla Colombia e, dopo la scoperta dell’abuso, il tribunale stabilisce che sia espulso dal
paese su richiesta della diocesi. Quante volte abbiamo sentito questa storia! Alla fine il
Procuratore Distrettuale di Harris stabilisce un fermo precauzionale ma l’accusato diventa
fuggitivo rispetto alla giurisdizione Texana. Questo è il fatto saliente che ci ha spinto a
citare Joseph Ratzinger come imputato al tribunale del Texas nel dicembre 2004. Ci sono
voluti due mesi per raggiungerlo, ma nel febbraio 2005, due mesi prima della sua
elezione, lo abbiamo legalmente forzato a rispondere alla corte e lui scelse di farlo,
sottraendo il caso alla corte Texana indirizzandolo invece alla Corte Distrettuale degli
Stati Uniti di Houston, presieduta dall’On. Lee Rosenthal. (Ironia della sorte, l’unico
giudice federale di origini ebree).
Noi tutti sappiamo gli sviluppi successivi. Papa Giovanni Paolo II muore, si fa il conclave
e il Cardinale senior è Joseph Ratzinger. Poiché ogni cardinale del conclave era
probabilmente stato suo subalterno e, in quanto tale, destinatario ufficiale della lettera del
18 maggio 2001 “Ad exequandam”, io e la mia collaboratrice Tahira Merritt facevamo
scommesse sulla sua elezione. Per la prima volta nella mia vita mi trovai in un posto
migliore di Nick il Greco! Ratzinger, ovviamente, fu eletto e prese il nome di Benedetto
XVI. Nel frattempo era ancora imputato davanti al giudice Rosenthal.
La causa poi fu spostata sotto la giurisdizione delle nostre norme civili federali che
prevedono un incontro preliminare al processo.
Quindi, nel maggio 2005, siamo comparsi davanti al giudice Rosenthal. I difensori della
diocesi e di Ratzinger erano tutti d’accordo nel sottolineare che il loro uomo era diventato
Papa Benedetto XVI, non più solo Joseph Ratzinger. Il giudice Rosenthal semplicemente
sorrise e ribadì “per il momento, lo chiameremo semplicemente, l’imputato Vaticano…”.
Comunque, da qui, si riferì a lui semplicemente come Joseph Ratzinger. (Per inciso,
parafrasando i sapientoni, il Papa apprese che la sola differenza tra Dio e un giudice
federale, è che Dio non è un giudice federale).