Cosa resta della legge 40?

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Cosa resta della legge 40?

Messaggio da mr-shadow »

Quel che resta della legge 40

Sono passati oltre undici anni da quel giorno in cui una norma palesemente ispirata dalle gerarchie cattoliche diventava legge dello Stato. Era per la precisione il 19 febbraio 2004, una data che andrebbe scolpita sulla pietra per ricordare, come in un giorno della memoria, che una classe politica tenuta ad amministrare la cosa pubblica nel rispetto dei diritti umani e della Costituzione ha cercato di imporre dei principi morali proclamati da un’organizzazione rimasta al medioevo. Anzi, perfino più arretrata di quanto non lo fosse nel medioevo, visto che per Tommaso D’Aquino l’embrione deve aspettare 40/80 giorni prima che vi venga infusa l’anima. Ci sono voluti i ripetuti interventi della Consulta per far girare nuovamente in senso orario le lancette dell’orologio istituzionale, l’ultimo dei quali avvenuto poco più di due settimane fa.
Non si può dire che quest’ultimo tassello tirato fuori dal mosaico clericale abbia fatto particolarmente clamore, del resto è solo l’ultimo di una lunga serie. Quasi una banalità, ormai. A cadere stavolta è stato il divieto di accesso alle tecniche di procreazione assistita per le coppie che pur essendo fertili sono portatrici di patologie genetiche, divieto che peraltro era stato già bocciato nel 2012, e in secondo grado su ricorso del governo nel 2013, dalla Corte Europea dei Diritti Umani. La legge consentiva infatti l’accesso a queste tecniche, e alla relativa diagnosi pre-impianto, solo in presenza di sterilità o infertilità documentate, ma per i giudici una coppia che rischia di generare un individuo affetto da malattie trasmissibili geneticamente ha tutto il diritto di avvalersi di queste tecniche per cercare di avere un figlio sano. Stabilire il contrario significa semplicemente discriminare questi aspiranti genitori rispetto alle coppie sterili che potevano già selezionare i soli embrioni sani.
Ma facciamo un salto nel tempo e torniamo al 2004 per parlare non della legge in sé ma delle linee guida emanate dal Ministero della Salute pochi mesi dopo la sua emanazione, precisamente nel mese di luglio. In quel caso il Ministero riuscì a rendere la legge ancora più liberticida di quanto già non fosse limitando la diagnosi pre-impianto prevista dalla legge a semplice indagine osservativa, e prescrivendo di conseguenza l’impianto obbligatorio di tutti gli embrioni prodotti, compresi quelli malati. Un difetto conclamato di buon senso ma soprattutto un abuso di potere, tant’è che il Tar del Lazio dichiarò illegittima quella previsione perché di fatto andava oltre quanto stabilito dalla legge.
Bisogna però attendere il 2009 per assistere al primo intervento della Corte Costituzionale sulla legge. Sotto la scure finì l’articolo 14 della legge laddove vietava di produrre più di tre embrioni, obbligava a impiantare tutti insieme gli embrioni prodotti e non specificava che l’impianto deve avvenire senza alcun pregiudizio per la salute della donna. Di fatto l’interesse della donna in quanto essere umano tornava a essere prioritario rispetto a quello dell’embrione, che essere umano lo è solo in potenza.
Nel 2014 la botta forse più pesante: la Consulta ha sentenziato che vietare le tecniche di fecondazione di tipo eterologo è illegittimo perché ostacola la determinazione di avere un figlio nonostante questa non vulneri altri valori costituzionali. Inoltre, sempre secondo la Consulta, quel divieto introduceva di fatto una discriminazione di carattere economico, perché chi poteva permetterselo si recava all’estero per ottenere quello che in Italia veniva negato. Quella sentenza portò in seguito a un vero e proprio braccio di ferro tra chi, Ministero avanti a tutti, riteneva che fosse stata aperta una falla nel sistema, un far west legislativo per cui si rendeva necessario un intervento del legislatore, e chi invece, come la maggior parte dei giuristi, riteneva che non vi fosse nessun rischio da questo punto di vista e la sentenza poteva essere applicata immediatamente.
Allo smantellamento della legge da parte delle Corti hanno cercato di fare da tampone le Regioni governate da giunte leghiste. La Lombardia di Maroni, non potendo negare l’accesso alle tecniche di tipo eterologo aveva deliberato che questo servizio sarebbe stato prestato solo a pagamento, mentre le fecondazioni di tipo omologo venivano eseguite gratuitamente, ma il Consiglio di Stato ha bocciato la delibera accogliendo il ricorso di una Onlus. Nel Veneto di Zaia era stato invece imposto il limite di 43 anni di età della donna per l’accesso all’eterologa, e anche in questo caso il limite non valeva anche per l’omologa; il Tar del Veneto ha recentemente sentenziato contro questa palese discriminazione.
Ma cosa rimane allora oggi di questa famigerata legge 40? Non molto per la verità. O meglio, vi sono ancora ovviamente diverse limitazioni, ma quelle più gravi e liberticide sono ormai storia. La più significativa tra quelle rimaste in vigore è sicuramente la norma che limita l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alle sole coppie eterosessuali in cui entrambi i partner sono in vita, anche se in effetti per il Tribunale di Bologna questo principio non si applica agli embrioni prodotti prima dell’entrata in vigore della legge. Rimane anche la possibilità per il personale sanitario di ricorrere all’obiezione di coscienza, cosa che ha perfettamente senso in ambiti privati ma decisamente meno quando a dover erogare il servizio è una struttura pubblica. Non è tuttora possibile la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, per cui in questi casi la donna potrà scegliere solo tra tenere tutti gli embrioni o abortire la gravidanza. Continuano a essere vietate la surrogazione di maternità, la sperimentazione sugli embrioni e la loro distruzione, ma senza che sia stato stabilito cosa fare di quelli in eccesso.
Infine sono proibite la commercializzazione di gameti ed embrioni, le pratiche eugenetiche, la clonazione umana e la produzione di ibridi e di chimere. Se fosse possibile fidarsi di chi siede in Parlamento si potrebbe chiedere una nuova legge che quantomeno riorganizzi la 40/2004 rivalutandone alcuni passaggi, ma visto l’ascendente che hanno sui nostri deputati i vescovi forse è meglio tenere quel che rimane di questa, auspicando che qualche altra correzione arrivi dalle Corti.

Massimo Maiurana, forum Micromega
apptras
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Re: Cosa resta della legge 40?

Messaggio da apptras »

Approvata il 19 febbraio del 2004 è stata demolita pezzo dopo pezzo dalla Consulta. Voluta dal governo Berlusconi e dalla Chiesa è stata una delle leggi più odiate e fece crollare le nascite. Oggi si possono fare eterologa e la diagnosi preimpianto, ma è proibita la ricerca sugli embrioni abbandonati. Ancora vietato l’accesso alle donne single e lesbiche

https://www.repubblica.it/cronaca/2024/ ... 422158728/
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