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L’autore
Oggi l’opinione prevalente fra gli studiosi, è che l’autore del nostro libro, sia da ricercare fra i discepoli di Giovanni l’Apostolo (si parla di una scuola catechistica “giovannea” sorta ad Efeso). Costoro avevano assimilato il suo pensiero e avrebbero portato a termine la redazione finale di tutti gli scritti giovannei.
Il significato etimologico del termine “apocalisse” è “rivelazione”, (dal verbo greco “apokaljpto”=“svelare”, deriva il sostantivo “apokàljpsis”=“rivelazione, manifestazione”). Questa espressione però, è diventata oggi abusivamente sinonimo di disastro, di catastrofe, di fine del mondo. L’Apocalisse della letteratura ebraica (Daniele nell’A.T.) e quella del N.T. contengono, certamente, descrizioni di fenomeni terrificanti, ma la loro intenzione è tutt’altro che intimidatoria o spettacolare. In una parola, esse “rivelano” una sola verità: la disgrazia, il dolore, la disperazione non avranno il sopravvento che per un tempo limitato, perché all’interno stesso delle presenti rovine, Dio sta preparando certamente “cieli nuovi e terra nuova”.
Non si dimentichi che la letteratura apocalittica, che sarebbe nata nel tardo giudaismo (cioè alla fine dell’A.T.) ha avuto grande sviluppo in periodi di crisi religiosa e politica della storia d’Israele. Quando tutto sembrava perduto, gli apocalittici incoraggiavano il popolo oppresso ed alimentavano la speranza di una futura rivincita. In tal modo essi volevano aiutare i loro contemporanei a saper leggere, anche nelle situazioni storiche più disastrose, l’intervento di Dio, che non abbandona mai quelli che credono nel suo nome. In questo senso è tipico il libro di Daniele, spesso richiamato nell’Apocalisse, che con riferimenti alla storia passata (ad esempio l’imperatore Nabucodonosor, nel 600 a.C.), descrive la situazione a lui contemporanea, alludendo alla persecuzione di Domiziano (80-100 d.C.).
Quando Giovanni scrive, la chiesa, il nuovo popolo eletto, è appena stata decimata da una persecuzione sanguinosa, scatenata da Roma e dall’impero romano (la bestia) ma per istigazione di satana, l’avversario per eccellenza di Cristo e del suo popolo. L’Apocalisse, quindi, è un libro scritto per un tempo di crisi e destinato a una comunità terribilmente messa alla prova, che ha bisogno quindi di conforto. E’ un messaggio di speranza che riassume tutti gli obblighi del cristiano, in tempo di persecuzione, nel dovere di una fedeltà incrollabile alla causa di Cristo e della Chiesa.
Per completare il nostro discorso sul “genere apocalittico” c’è da fare un’altra osservazione: spesso questo stile letterario accentua il tema della “fine dei tempi” (non della “fine del mondo”). Di che si tratta? Per i profeti ebrei è il momento in cui verrà sulla terra il Messia atteso e darà inizio al regno messianico, con la differenza che per Giovanni questo regno è già venuto; egli è un discepolo di Cristo e quindi può affermare con certezza che il regno messianico si è inaugurato con Gesù, e quindi, la sua Apocalisse è la risposta all’apocalisse di Daniele: ciò che Daniele ha annunciato, si è realizzato nella persona e soprattutto nella morte e resurrezione di Gesù
a) “Il genere letterario apocalittico”. Il linguaggio che l’autore adopera, sembra fuori del comune per noi lettori, abituati a brani evangelici di facile comprensione, almeno apparentemente. Questa forma narrativa, che l’autore adopera nasce da una sua deliberata scelta che va sotto il titolo di “genere letterario apocalittico”, che è un modo particolare di esprimersi, fatto di immagini grandiose e talvolta irreali, di simbolismi, di messaggi cifrati.
b) Genere letterario “profetico”. Per profezia non intendiamo specificatamente o anche principalmente la predizione del futuro– concezione piuttosto recente–ma piuttosto la mediazione e l’interpretazione della volontà di Dio. È in questo senso che “prophetes” (lett. “uno che parla per un altro” o “interprete”) era usato a cominciare da circa il V sec. a.C., per designare coloro che interpretavano la volontà divina, resa nota in vari modi a loro stessi o ad altri. I mezzi di comunicazione profetica, erano in generale gli stessi che sono presupposti nella profezia dell’A.T.: sogni, visioni, esperienze estatiche o mistiche.
c) Il genere epistolare. Questa terza forma letteraria ha lasciato un’impronta superficiale nell’Apocalisse. Il libro è redatto sullo schema delle solite formule epistolari cristiane (le Epistole nel N.T.). Inoltre il messaggio comunicato a ciascuna delle sette chiese (Ap. 2, 1-3,22) assume la forma di una lettera.
SINTESI GENERALE
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L’Apocalisse rivela il piano di Dio nella storia. Una visione inaugurale descrive la maestà di Dio che domina in cielo, padrone assoluto dei destini umani (Prologo). Gesù, l’Inviato da Dio ha ricevuto il messaggio dal Padre e lo fa conoscere (cap 1). Giovanni in visione riceve il contenuto di questo messaggio e lo invia alle 7 Chiese (cap 2-3). Dopo la prima visione, Giovanni vede in una successiva il “trono” (cap 4) e l’“Agnello” (cap 5). Il “libro sigillato” che l’Agnello riceve da “Colui che era seduto sul trono”, contiene le linee di questo piano e soprattutto gli interventi del Padre.
Sarà proprio l’Agnello che spezzerà i “sette sigilli”, cioè colui che rivelerà il piano di Dio sul mondo, che, prima della venuta di Cristo, era sconosciuto (cap 6). Tra il sesto e il settimo sigillo, Giovanni, nella visione della Chiesa trionfante (cap 7), rivela il progressivo costituirsi del nuovo popolo di Dio, dei “segnati dal sigillo del Dio vivo” (cioè i battezzati) in mezzo a tutti gli avvenimenti e i cataclismi della storia. Dopo l’apertura del settimo sigillo, inizia il settenario delle trombe (cap 8-9) dove viene descritto il peccato e tutte le conseguenze disastrose che esso provoca. Per resistere al male ed essere forte nelle tentazioni, la Chiesa deve vivere il Vangelo “quel piccolo libro da assimilare e annunciare” e dimostrare “pazienza nella prova” (cap 10-11).
Siamo così giunti al cuore dell’Apocalisse (cap 12-13): i due segni (la “Donna vestita di sole” e l’“enorme dragone rosso”) che appaiono in cielo rivelano che la lotta tra il bene e il male sulla terra è la logica conseguenza della guerra avvenuta in cielo tra Michele e i suoi angeli da una parte e il Dragone e i suoi angeli dall’altra. In questo conflitto intervengono anche le forze sataniche (le due Bestie). L’azione demoniaca si farà sentire in tutti i tempi e in tutti i paesi. Ma se il potere della Bestia è grande, il potere della Grazia lo è di più. Occorre soltanto “farsi piccoli” per credere e mettersi dalla parte di Dio, la cui vittoria è certa e definitiva.
Coloro che rimangono fedeli seguiranno l’Agnello, coloro invece che adoreranno la Bestia, “dovranno bere il vino del furore di Dio” (cap 14). La vittoria dell’Agnello redentore e di coloro che gli appartengono è il traguardo ultimo della storia della salvezza, di quel processo che è stato sempre sotto il controllo del Dio vivente che liberò il suo popolo dalla schiavitù egiziana (cap 15). Le sofferenze umane, rappresentate dai sette flagelli (cap 16), sono il frutto delle scelte sbagliate dell’uomo e del suo allontanarsi da Dio. La risposta dell’uomo decide della sua sorte definitiva, così come la rovina di Babilonia (cap 17), è scaturita dalla pretesa di voler costruire la Città dell’uomo al di fuori e contro Dio. Nei lamenti degli amici di Babilonia (cap 18), c’è la descrizione psicologica dell’Inferno (Mt 22,13).
Coloro invece che si mantennero fedeli partecipano alle nozze eterne, cioè all’unione del Messia con la comunità degli eletti (cap 19). Nello scontro frontale tra il Verbo di Dio e il Demonio, quest’ultimo avrà la peggio. Ecco ormai il giudizio definitivo, universale. Dopo ciò anche la Morte è vinta e incatenata: è l’ora in cui il Verbo-Gesù, Vincitore assoluto, consegna il Regno al Padre (cap 20).
Giovanni negli ultimi due capitoli dell’Apocalisse (cap 20-21), descrive con immagini l’avvento definitivo del Regno di Dio, nella felicità piena della Presenza di Dio.