Dopo tanti dibattiti spesso inconcludenti date le diverse posizioni di partenza, scusandomi per la lunghezza del post, mi sono permesso di approfondire ulteriormente l'argomento su internet principalmente con lo scopo di chiarire alcuni punti:
- Il pensiero paolino
- Cristologia dell'esaltazione
- Esaltazione o adozione?
- l'interpretazione adamitica di Cristo come "il nuovo Adamo"
- La chiesa primitiva
- Conclusioni
Valentino:
Mauro Pesce non ha detto delle fesserie: ci ha semplicemente spiegato l'esperienza religiosa di Paolo ed ha accennato anche a qualche contenuto della sua cristologia evidenziando che Paolo aveva recepito la "cristologia dell'esaltazione"(Cristo, Signore, Figlio di Dio, Figlio dell’uomo), praticamente sin dall'inizio vi furono due linee cristologiche fondamentali:
Visto che ti sei scandalizzato su fatto che non conoscessi la "cristologia dell'esaltazione" su un sito che giudico serio e non di solito "catechismo" ( studi sul cristianesimo primitivo) come dici sempre, anche se gli autori sono degli pseudonimi, li ho ritenuti molto preparati in merito e per conoscere in maniera più approfondito tali temi, ho voluto riportare anche se un po' lungo la sintesi dei vari post presenti nel sito:
Scrivi ancora
Per Paolo di Tarso Gesù è un essere umano che Dio ha resuscitato per non morire più.
Ancora più precisamente: per Paolo di Tarso Gesù è il Messia, un uomo resuscitato da Dio che "apre la strada" alla resurrezione finale degli uomini.
Certamente Paolo non pensava che Gesù fosse Dio.
In pratica ancora una volta ribadisci che nessuno degli apostoli, Paolo compreso pensasse che Gesù fosse Dio.
PS. attenzione non mischiamo le carte in tavola ed in effetti specie in quel periodo storico, come vedremo più avanti, le idee sulla "esaltazione" di Gesù da parte delle prime comunità cristiane erano abbastanza discordanti
fermo restando che fosse stato sicuramente risorto e che non fosse completamente di natura umana ma divina escludendo però che fosse Dio stesso
Il concetto di Dio era sempre unico ed indivisibile, ma con una presenza "divina" della quale facevano fatica a collocare esattamente.
In effetti se andiamo a vedere cosa significhi la parola "esaltazione" troviamo sulla Treccani:
esaltare "innalzare", portare a una suprema dignità: elevare,attribuire onore e gloria celebrare, glorificare, nobilitare, onorare, osannar encomiare, lodare.
titoli o attributi questi che non si danno in genere ad un semplice umano anche se messia ....
Tra l'altro insisto che le solite tue ripetute affermazioni che nessuno credesse che Gesù fosse l'unigenito figlio di Dio ma solo un profeta umano o di natura divina, considerando tali parole, sempre ripetute, come un semplice titolo onorifero, in relazione a tutti passi dei Vangeli, e degli Atti allegati
le tesi ed i passi dei Vangeli e degli atti ( vedi dopo) smentiscono ripetutamente le tue affermazioni al riguardo
Iniziamo
Il pensiero Paolino
https://it.wikipedia.org/wiki/Pensiero_paolino
Il pensiero paolino (detto anche dottrina paolina, teologia paolina o paolinismo), rappresenta, dal punto di vista cronologico e anche per importanza rivestita nella tradizione successiva, la prima forma di teologia cristiana.
Le sue lettere sono state composte negli anni 50 e 60, prima dei vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca, che contengono nozioni teologiche le quali sono però soprattutto implicite, non sviluppate ampiamente e sistematicamente, e non riguardano il valore teologico della risurrezione che è solo narrata), del vangelo di Giovanni (l'evangelista teologo per eccellenza, che esalta la natura divina di Gesù-Logos), e della lettera agli Ebrei (il cui autore, probabilmente Apollo, interpreta il valore salvifico dell'operato di Gesù con categorie proprie della tradizione ebraica, concentrandosi però più sulla sua morte che sulla sua risurrezione).
Il punto centrale del pensiero teologico di Paolo, il quale si inserisce nella tradizione ebraica farisaica, è il Cristo morto e risorto, poiché il concetto di Resurrezione era molto importante nella corrente farisaica e nella concezione Paolina era fondamentale, tanto che lui scrisse nella Prima lettera ai Corinzi al capitolo 15 che la predicazione e la Fede si basano sulla resurrezione di Gesù, senza quella sarebbe tutto vano. Attorno a questo fulcro si concentra il "vangelo paolino"[1] annunciato durante le sue predicazioni missionarie, e ad esso sono collegate le intuizioni teologiche contenute nelle sue lettere circa teologia, soteriologia, morale, ecclesiologia ed escatologia.
Le "cristologie"
Prima di tutto esistono due "cristologie" e non una desiderando soffermarci solo sulla cristologia dell'esaltazione
-
la cristologia dell’esaltazione (cfr. Rm 1,3-4; At 2,32-36; 5,30-32; 13,31-32);
-
la cristologia della parusia (cfr. 1 Ts 1,10; 1 Cor 16,22; Did 10,6; Ap 22,20; detti sinottici sulla venuta del FdU, ad es. Mc 8,38; 13,26-27; 14,62; con quest’ultimo che riunisce entrambe le linee).
La cristologia dell'esaltazione può a buon diritto essere considerata la cristologia originaria della chiesa primitiva
Cristologia dell'esaltazione
Da Wikipedia
https://it.wikipedia.org/wiki/Esaltazio ... ad%20avere" onclick="window.open(this.href);return false;.
L'Esaltazione di Gesù viene rappresentata negli scritti paolini come l'atto formale con cui Dio Padre lo resuscitò dai morti,.......
Efesini 19-23
19 e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza
20 che egli manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
21 al di sopra di ogni principato e autorità,
di ogni potenza e dominazione
e di ogni altro nome che si possa nominare
non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro.
22 Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi
e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa,
23 la quale è il suo corpo,
la pienezza di colui che si realizza interamente
in tutte le cose.
Seguendo la lettera agli Efesini, sopra citata, la maggioranza dei teologi associa l'Esaltazione di Gesù alla Risurrezione e in questo senso la distingue dall'evento dell'Ascensione, avvenuto 40 giorni dopo e che ne costituisce solo la proclamazione.
Secondo gli Atti degli Apostoli nel giorno di Pentecoste Pietro annunciò agli abitanti di Gerusalemme l'Esaltazione di Gesù collegandola all'interpretazione messianica del salmo 110 (At 2,32-36).
Anche nella Lettera agli Ebrei viene ripetutamente presentata l'Esaltazione come una intronizzazione regale e una realizzazione storica del salmo 110. In particolare si dice di Cristo che "Dopo aver compiuto la purificazione dei peccati, sedette alla destra della Maestà nell'alto dei cieli".[5] L'ascesa al cielo di Gesù è paragonato dall'autore all'ingresso del sommo sacerdote nel Santo dei santi del Tempio per ottenere la purificazione dei peccati nel giorno dello Yom Kippur[6].
Questa interpretazione chiarisce che anche la rottura del Velo del Tempio al momento della morte di Gesù, raccontata dai Sinottici[7], allude alla sua Esaltazione.
Nell'Apocalisse di Giovanni, invece, l'Agnello immolato non siede alla destra del Padre, ma si trova in mezzo allo stesso trono di Dio ([8]),
segno di una cristologia che identifica le persone divine. Già nel Vangelo di Giovanni, scritto prima dell'Apocalisse, si sottolinea l'importanza della passione e morte di Gesù, indicato fin dall'inizio da Giovanni Battista come l'agnello di Dio (Gv 1,29),
infatti, "il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato" (1 Gv 1,7).
Nel capitolo 12 di Giovanni, quindi, l'esaltazione di Gesù nella gloria divina è associata all'innalzamento sulla croce (Gv 12, 32-34).
Gesù è la vittima espiatoria ma anche per Giovanni egli è il Sommo Sacerdote che presenta a Dio l'offerta espiatoria. Ciò spiegherebbe fra l'altro, secondo Eli Lizorkin-Eyzelberg, un dettaglio misterioso del vangelo di Giovanni: il fatto che egli si lasci toccare dai suoi discepoli solo otto giorni dopo la Risurrezione, quando Tommaso mette la mano nel suo costato. Secondo il libro dell'Esodo (Es 29,35), infatti, l'investitura del Sommo Sacerdote richiede sette giorni.[9]
Esaltazione o adozione?
L'esaltazione di Gesù viene da alcuni teologi interpretata in senso adozionista, cioè secondo la teoria teologica per cui l'uomo Gesù sarebbe diventato Dio solo dopo il sacrificio sulla croce. Tale teoria teologica si contrappone a quella dell'incarnazione di Gesù, per cui Gesù sarebbe una persona pre-esistente del Dio trinitario incarnatasi a Betlemme.
Secondo Bart Ehrman i primi cristiani sarebbero stati adozionisti, come apparirebbe dal battesimo di Gesù nel Vangelo di Marco. Secondo altri teologi, invece, la divinità di Gesù era riconosciuta da molti cristiani sin dai primi decenni del cristianesimo, come testimoniato per esempio dalle epistole paoline.
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Resta plausibile pertanto il fatto che i primi cristiani riconoscessero subito e non dopo molti anni come altri affermano la deicità di Gesù anche se non sapessero esattamente come collocare tale "figura"nell'ambito di Dio che rimaneva ovviamente sempre unico.
dal: Forum:
Studi del cristianesimo primitivo.
https://cristianesimoprimitivo.forumfree.it/?t=72259111" onclick="window.open(this.href);return false;
E' importante notare che in questo stadio primitivo della cristologia non si afferma che Gesù, tramite la sua risurrezione, ritorna alla gloria che possedeva con Dio prima della sua vita eterna. Infatti non si pensa ancora alla 'pre-esistenza' di Gesù e all'incarnazione”
E’ un’affermazione condivisibile?
E’ vero che negli anni in cui trovava espressione la cristologia dell’esaltazione ancora non si pensava a Gesù come a un essere preesistente e incarnato?
Una precisazione:
parlare di “esaltatazione-senza-preesistenza” non equivale a dire “non-divinità”, dal momento che è possibile ritenere che l’esaltazione di Gesù significasse una partecipazione alla Signoria universale di Dio e quindi in un certo senso, funzionalmente, un'inclusione di Gesù nell'identità dell'unico Dio (da questo punto di vista la cristologia dell’esaltazione è “dal basso”, ma nient’affatto “bassa”!).
“La cristologia del kerygma primitivo è una cristologia pasquale, incentrata sulla risurrezione e glorificazione di Gesù ad opera del Padre.
La sua esaltazione è un’azione di Dio, su Gesù, in nostro favore. E’ Dio che risuscita Gesù dai morti, che lo glorifica, lo esalta, che lo costituisce Signore e Cristo, Capo e Salvatore.
[…] La risurrezione è per Gesù l'inaugurazione di una condizione del tutto nuova. Egli entra nella fine dei tempi e nel mondo di Dio [...]
E' importante notare che in questo stadio primitivo della cristologia non si afferma che Gesù, tramite la sua risurrezione, ritorna alla gloria che possedeva con Dio prima della sua vita eterna. Infatti non si pensa ancora alla 'pre-esistenza' di Gesù e all'incarnazione del Figlio eterno di Dio.
[...] La cristologia del kerygma primitvo è essenzialmente soteriologica: il suo discorso su Gesù è incentrato sul significato che questi ha per la salvezza degli uomini. [...] In altre parole, la cristologia primitiva è decisamente 'funzionale', dal momento che definisce l'identità di Gesù partendo dalle funzioni che, nel suo stato glorificato, egli esercita nei nostri confronti.
Il mistero della sua persona, la sua più profonda identità rimane ancora nascosta e sarà solamente evidenziata dalla riflessione successiva.
[...] Concludendo, la cristologia del primitivo kerygma può dirsi 'primitiva' in quanto riflette la comprensione cristiana più antica di Gesù. Gli sviluppi successivi […] la cristologia del Prologo e del Vangelo di Giovanni […]non ne cancelleranno o annulleranno il significato e la validità attuale per noi, poiché evidenzieranno soltanto le implicazioni di quanto viene già detto a proposito di Gesù nel kerygma primitivo. [...] Il messaggio essenziale e decisivo è stato già annunziato agli inizi poiché, in ciò che Dio ha fatto sì che Gesù fosse per noi, è già implicata la vera identità della sua persona, anche se rimane nascosta e dovrà essere svelata”.
(Jacques Dupuis, Introduzione alla cristologia, Casale Monferrato, Piemme, 1993, 88ss.)
Direi che quest'inno antichissimo e prepaolino basti a fugare i dubbi
Filippesi 2,6-11
6 il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
7 ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
8 umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
9 Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
10 perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
11 e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.
È un inno che evidentemente professa una Fede nella preesistenza del Verbo, pertanto non c'è affatto bisogno di aspettare i tempi del Vangelo di Giovanni per arrivare alla cristologia della preesistenza, che per quanto mi riguarda è sempre stata parte della comunità primitiva fin dalle esperienze subito posteriori al ritrovamento del sepolcro vuoto.
l'interpretazione adamitica di Cristo come "il nuovo Adamo"
https://www.amicidomenicani.it/quando-s ... torciglia/
Ecco ancora come San Paolo descrive Cristo come vero nuovo capostipite: “Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita.
Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Rm 5,17-19).
5. San Paolo dice anche che Cristo è la primizia dell’umanità nuova: “Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti.
Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti.
Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita” (1 Cor 15,20-22).
6. Pertanto Cristo è il prototipo della nuova umanità che Dio ha ricreato in seguito al peccato di Adamo.
San Paolo presenta Cristo datore di vita e di risurrezione: “Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.
Il primo uomo, tratto dalla terra, è fatto di terra; il secondo uomo viene dal cielo.
Come è l’uomo terreno, così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste, così anche i celesti.
E come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste” (1 Cor 15,45-49)
.
l'interpretazione adamitica (senza preesistenza) che da oltre 35 anni va sostenendo uno dei maggiori specialisti recenti sia di Paolo che di cristologia NT.ria, l'inglese James Dunn, di cui facciamo una una sintesi (cfr. J.D.G. Dunn, Christology in the Making, London, SCM Press, 1980, 114-121; Id., The Theology of Paul the Apostle, Grand Rapids, Eerdmans, 1998, 281-288):
Come Adamo nella sua innocenza era stato creato ad immagine (εἰκών) di Dio (con il riflesso di gloria e l’incorruttibilità proprie di tale condizione), così Gesù era nella forma (μορφή) di Dio [NB: Dunn insiste che εἰκών e μορφή sono pressoché sinonimi - giudizio su cui gli esegeti sono abbastanza divisi -, e l’autore dell’inno può aver optato per μορφή in quanto meglio si prestava al contrasto con la μορφὴ δούλου del v. 7].
Mentre però Adamo si lasciò sedurre dalla prospettiva di incrementare ulteriormente il proprio status fino a “diventare come Dio” (Gn 3,5: ἔσεσθε ὡς θεοὶ), Gesù si rifiutò di considerare tale “essere-come-Dio” (Fil 2,6: τὸ εἶναι ἴσα θεῷ) qualcosa di cui impossessarsi fraudolentemente o da rapinare (ἁρπαγμός); al contrario, egli scelse di spogliarsi dell’incorruttibilità a cui aveva diritto in virtù del suo essere nella condizione innocente di immagine di Dio, accettando volontariamente quello stato di schiavitù nei confronti della morte nella quale Adamo decadde a causa della sua disobbedienza.
Anziché puntare all’essere-come-Dio, egli volle cioè essere a somiglianza dell’umanità decaduta (ἐν ὁμοιώματι ἀνθρώπων) e, in tale forma-simile-all’umanità-decaduta (σχήματι ὡς ἄνθρωπος), umiliare se stesso facendosi obbediente fino alla morte.
E proprio a causa di questo suo atteggiamento antitetico alla condotta di Adamo – e tuttavia solidale con le sue conseguenze – Dio lo ha super-esaltato (ὑπερύψωσεν) dandogli il nome che è al di sopra di ogni altro nome, ovvero insediandolo in una posizione di signoria universale superiore anche alla sua condizione iniziale “nella forma di Dio”, e di fatto ora coincidente proprio con quell’essere-come-Dio che Adamo aveva cercato di rapinare.
.................
Una posizione affine, ma che potrebbe fare la differenza è quella espressa da un altro illustre esegeta britannico di Paolo,
Charles Kingsley Barrett, secondo il quale un’originale inno adamico (senza preesistenza) è stato modificato in ottica incarnatoria da Paolo aggiungendo il v. 1 e altro (cfr. C.K. Barrett, La teologia di San Paolo. Introduzione al pensiero dell'apostolo, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996, pp. 156-162).
Mentre altri studiosi ancora optano per tenere insieme sia la tipologia adamica sia l'idea di preesistenza:
così ad es. M. Casey,
From Jewish Prophet to Gentile God, Cambridge, James Clarke, 1991, 112-115 ("Philippians 2.6-11 should be understood in the light of the story of Adam... 'being on a level with God' [isa theo] indicates high status but not full deity... isa overlaps in meaning with k, 'like', used At Genesis 3.5,22 where Adam became 'like' God... Jesus is portrayed as pre-existent... In order to have been in the form of God so that he could choose not to grasp equality with God before he emptied himself and was born in the likeness of men, Jesus must have existed before his birth"); vedi anche l'opzione interpretativa riportata in R.E. Brown, Introduzione alla cristologia del Nuovo Testamento, Brescia, Queriniana, 1995, 133 ("L'inno può implicare che in origine vi fossero due figure, Cristo Gesù e Adamo, coesistenti e parallele nell'immagine di Dio...")
.
2. E se anche si tratta di preesistenza e incarnazione, ciò è davvero sufficiente per considerare tale tipo di cristologia originario?
La seconda questione
se vogliamo attenerci all'interpretazione più comune secondo cui l'inno pre-paolino rappresenta effettivamente Gesù come un essere preesistente e incarnato, questo autorizza forse a considerare la cristologia della preesistenza (lasciamo da parte se come nuovo Adamo, angelo o Sapienza) come sostanzialmente co-originaria alla cristologia dell'esaltazione (e della parusia)?
La Lettera alla comunità di Filippi, fondata dallo stesso Paolo circa nel 49-50, viene variamente datata tra il 54 e il 60, ma supponendo – alla luce del contesto parenetico in cui l’inno è inserito – che Paolo stia citando qualcosa che i cristiani di Filippi già conoscono (o in cui comunque possono riconoscersi facilmente) e che presumibilmente avevano appreso da Paolo stesso, è lecito pensare che tale inno possa essere sorto da qualche parte negli anni 40.
Ma sarebbe ragionevole retrodatarla addirittura agli anni 30, parallelamente alle cristologie dell'esaltazione e della parusia?
Il fatto stesso che una cristologia della preesistenza non è sia poi così ampiamente presente e sviluppata, nelle lettere che Paolo scrive negli anni 50, non consiglia forse di non collocare Fil 2,6-11 troppo indietro?
Meglio ancora: di cosa tratta veramente l'inno? Quale la sua prospettiva centrale? Su cosa si focalizza davvero? Sulla preesistenza o piuttosto sull'abbassamento-esaltazione?
La cristologia dell’esaltazione, al di là delle testimonianze letterarie che abbiamo, è anche dal punto di vista logico la più antica, perché è legata a doppio filo con la morte di Gesù come pretendente messianico e le apparizioni pasquali.
E’ del tutto ragionevole ritenere che i discepoli di Gesù siano giunti prestissimo, praticamente subito, a interpretare le apparizioni del Risorto come segno che Dio aveva vendicato il suo profeta, condannato e irriso come pseudo-messia, costituendolo come figlio di Dio (in senso messianico); conclusione a cui avranno contribuito la rilettura dei Salmi 110 e 2, e forse anche la meditazione sui detti originali di Gesù sul “figlio dell’uomo/simile a uomo” di Dn 7 (con cui non si identificava)che sarebbe giunto presso il trono celeste per ricevere dominio, gloria e regno – avvenimento celeste che avrebbe decretato l’avvento del regno di Dio sulla terra .
E da tale fede nell’intronizzazione messianica celeste di Gesù mediante la risurrezione, si dev’essere passati precocissimamente ad attribuire a Gesù lo status “divino” di Kyrios (in senso funzionale: Gesù non è Dio, ma in quanto intronizzato alla destra di Dio è partecipe della signoria universale di Dio) e parallelamente l’attesa della parusia del Kyrios/Figlio dell’uomo (cfr. 1 Cor 16,22; 1 Ts 1,10; Did 10,6; Ap 22,20; detti sinottici sulla parusia del FdU).
Mi sembra evidente che queste diverse linee o sfumature cristologiche, innescate dalla risurrezione/esaltazione di Gesù, siano strettamente legate l’una all’altra, e – trovando conforto, prima ancora che nella logica, nelle testimonianze letterarie antiche che abbiamo su di esse (diamo per scontato, oltre all'origine pre-paolina di Rm 1,3-4, anche quella pre-lucana della sostanza di At 2,32-36; 5,30-32; 13,31-32) –
si può tranquillamente affermare che tutto questo ce l’abbiamo già negli anni 30.
Non è così per la cristologia dell’incarnazione. Di questa la testimonianza più antica sarebbe appunto l’inno pre-paolino in Filippesi, che abbiamo detto essere ragionevole collocare da qualche parte negli anni 40. Dopodiché abbiamo qualche altre passo qua e là in Paolo che può far pensare alla pre-esistenza (ma secondo noi sono attestazioni in buona parte discutibili), e poi, a ridosso della morte di Paolo, quindi negli anni 60, l’inno di Colossesi 1,15-20 (che preesisteva alla lettera).
Queste testimonianze consentirebbero di affermare che la credenza nella pre-esistenza/incarnazione di Gesù era già presente negli anni 50 e ragionevolmente muoveva i suoi primissimi passi già nei 40. Andare ancora più indietro è gratuito e problematico, per le ragioni accennate sopra.
E poi c'è un altro aspetto importante da sottolineare: se anche Fil 2,6-11 attesta la nascita molto precoce dell'idea di preesistenza di Gesù, siamo però ancora molto lontani dal modo in cui questa viene pensata nel Vangelo di Giovanni.
L’inno non dà affatto l’idea di concepire l’esaltazione di Gesù come se fosse semplicemente un ritorno di Gesù alla condizione che aveva prima – idea che troviamo invece forte-e-chiara nella cristologia giovannea (cfr. Gv 17,5).
L’inno testimonia uno stadio di riflessione anteriore (piaccia o meno questa immagine lineare), quello in cui, riflettendo sulla esaltazione di Gesù e la signoria universale con cui egli è stato investito dopo la morte, si conclude – con ragionamenti di tipo apocalittico, per cui le realtà escatologiche esistono già nascoste in cielo, salvo essere rivelate alla fine – che in qualche modo Gesù preesisteva in Dio anteriormente alla sua manifestazione sulla terra.
Per cui, a nostro modo di vedere, non è nemmeno così sbagliato identificare un certo sviluppo progressivo, pur nella consapevolezza di tutti gli aspetti di differenziazione e le sfumature del caso: cristologie diverse in comunità diverse, anche in relazione alla localizzazione geografica e soprattutto alla composizione etnica delle stesse, e che non necessariamente progrediscono nello stesso modo, o progrediscono affatto.
Ciò concesso, secondo noi resta accettabile affermare che all’inizio abbiamo solo le cristologie dell’esaltazione, e subito a rimorchio quelle della parusia, e da lì, nel giro di 10-15 anni, si cominciò a procedere all’indietro con le cristologie della preesistenza e dell’incarnazione, in chiave angelica o di Sapienza
Una comunità che avesse visto in Gesù soprattutto un essere preesistente, non avrebbe prodotto racconti su Gesù come quelli sinottici, bensì come quello del Vangelo di Giovanni, dove Gesù ha per l'appunto tutta l'aria di un essere celeste disceso sulla terra in sembianze umane).
A dire il vero Paolo rimase sempre rigidamente monoteista, perciò la descrizione che da Erham della Sua cristologia, come se intendesse Cristo come un arcangelo celeste incarnato, mi pare quantomeno inadeguata, e fondata, a mio avviso, sul pregiudizio che la divinitá di Cristo sia stata una convinzione sedimentata nel tempo, come un mito che si sovrappone ad un altro.
Molto francamente gli studi di Lardy Hurtado li trovo molto più completi ed equilibrati nel loro specificare che già nel cristianesimo primitivo Cristo era considerato come Dio.
Naturalmente da lì ad avere chiara la Trinità come l'abbiamo noi oggi ce ne passa, anche perché non avevano nemmeno modo di descriverLa nel modo corretto (infatti bisognerà introdurre categorie ellenistiche), nondimeno ritengo che pensare che dall'insegnamento degli apostoli e di Paolo sia nato qualcosa che contraddicesse il monoteismo sia sbagliato, e su questo Hurtado ha fatto un gran lavoro.
La questione era meramente descrittiva e dovuta alla mancanza di categorie adatte per spiegare il mistero col quale erano venuti a contatto, ma le "basi" c'erano tutte.
Detto prosaicamente: non crediamo che coll'andare del tempo ci si sia "inventati" qualcosa, ma che si sia sviscerato sempre più e meglio il mistero col quale si era venuti a contatto.
E il problema descrittivo, come vediamo in Atti, c'era ed era pressante.
Se, infatti, come dice anche Plinio il Giovane nella sua lettera all'imperatore Traiano, i cristiani cantavano lodi a Cristo "come a un Dio", è altrettanto vero che per loro Cristo non era il Padre. Allo stesso tempo, però, non era un "deuteros theos", un secondo Dio, perché si sarebbe ricaduti nel politeismo.
Penso che fosse questo il vero problema, come poter descrivere tutto ciò, e all'epoca erano sprovvisti di categorie adeguate.
Anche perché riflettiamo: nel I sec D.C il monoteismo era radicatissimo, e per un giudeo-cristiano medio dell'epoca era semplicemente impensabile pensare ad altri esseri divini oltre a Dio..
Per quanto ci riguarda, il "progresso cristologico lineare ed uniforme" del quale non si può parlare è quello secondo il quale una non meglio identificata "chiesa primitiva" avrebbe predicato un Gesù-Cristo-Messia che si trasformò progressivamente in “un Dio pagano" mano a mano che la dottrina si sviluppava in tempi e luoghi sempre più distanti dall’ambiente palestinese e contaminati dalla cultura greca.
Questo concetto è ben sintetizzato dal titolo del libro di Casey "From a Jewish prohet to a Gentile God", Westminster John Knox Press, 1992, per cui non riteniamo sano considerare la cristologia giovannea come il risultato di uno sviluppo lineare che poggia sui precedenti sviluppi sinottici, influenzata dal pensiero ellenistico delle comunità giudaiche della diaspora. La cristologia Giovannea può avere avuto uno sviluppo separato fondato su un kerigma antico, giudaico, che già afferma la divinità di Gesù (senza per questo essere un Dio pagano).
La chiesa primitiva
Se l’idea di personificazione di un’entità divina/pre-esistente era già disponibile all’interno del giudaismo negli anni 30-40, è possibile che qualcuno (non tutti) sia giunto assai precocemente a certe elaborazioni cristologiche post-pasquali.
Quindi il punto centrale non è capire quale sia il pensiero “più antico”, nel senso del primo pensiero balenato in testa ai testimoni della resurrezione, ma quali cristologie esistessero all’interno della cosiddetta “Chiesa primitiva”.
La chiesa più primitiva possibile può essere considerata quella che venne posta in essere durante il periodo della predicazione apostolica – potremmo dire fino agli anni 50-60 (quando infine morirono anche Pietro, Paolo e Giacomo). In tale “chiesa primitiva” le cristologie potevano essere già piuttosto sfaccettate.
E’ del tutto ragionevole ritenere che i discepoli di Gesù siano giunti prestissimo, praticamente subito, a interpretare le apparizioni del Risorto come segno che Dio aveva vendicato il suo profeta, condannato e irriso come pseudo-messia, costituendolo come figlio di Dio (in senso messianico);
La conclusione a cui avranno contribuito la rilettura dei Salmi 110 e 2, e forse anche la meditazione sui detti originali di Gesù sul “figlio dell’uomo/simile a uomo” di Dn 7 (con cui non si identificava)che sarebbe giunto presso il trono celeste per ricevere dominio, gloria e regno – avvenimento celeste che avrebbe decretato l’avvento del regno di Dio sulla terra (come ben sai, questo è il modo in cui ritengo che Gesù parlasse del figlio dell’uomo danielico).
E da tale fede nell’intronizzazione messianica celeste di Gesù mediante la risurrezione, si dev’essere passati precocissimamente ad attribuire a Gesù lo status “divino” di Kyrios (in senso funzionale: Gesù non è Dio, ma in quanto intronizzato alla destra di Dio è partecipe della signoria universale di Dio) e parallelamente l’attesa della parusia del Kyrios/Figlio dell’uomo (cfr. 1 Cor 16,22; 1 Ts 1,10; Did 10,6; Ap 22,20; detti sinottici sulla parusia del FdU).
Sembra evidente che queste diverse linee o sfumature cristologiche, innescate dalla risurrezione/esaltazione di Gesù, siano strettamente legate l’una all’altra, e – trovando conforto, prima ancora che nella logica, nelle testimonianze letterarie antiche che abbiamo su di esse (dando per scontato, oltre all'origine pre-paolina di Rm 1,3-4, anche quella pre-lucana della sostanza di At 2,32-36; 5,30-32; 13,31-32) – si può tranquillamente affermare che tutto questo ce l’abbiamo già negli anni 30.
Questo è un punto di partenza fondamentale. Il fatto che Gesù già possedesse uno status “divino” negli anni 30 costringe a ripensare i possibili sviluppi cristologici all’interno della “chiesa primitiva”, fondati su categorie del tutto giudaiche
Sarebbe interessante indagare le differenze tra le diverse cristologie co-esistenti negli anni 30-40, ma non vi è apparente traccia di particolari tensioni cristologiche tra Paolo e Giacomo – mentre abbiamo molte tracce di un’opposizione delle autorità religiose giudaiche nei confronti della chiesa primitiva/nascente (Paolo sia persecutore che perseguitato, Giacomo ed altri lapidati dal sinedrio per trasgressione della Legge, oltre a ciò che troviamo in At. 4:1-22 ; 5:17-42) , forse perché l’accostamento Gesù/Dio si manifestava nelle pratiche devozionali, a partire dalle quali si è verbalizzato e sistematizzato il pensiero cristologico in maniera scarsamente lineare.
L'argomento dell'evidenza dell'accostamento di Cristo a Dio nelle pratiche devozionali è uno dei punti forti di Hurtado è un argomento vincente.
Ad esempio, l'inno di Colossesi, che dovrebbe risalire agli anni 60 al più tardi, ed inserito nell'omonima lettera (sebbene la paternità paolina di tale lettera sia dubbia il fatto che, in caso, sia stata scritta da suoi discepoli non mi pare che lo sia, e l'inno di Colossesi non sarebbe stato accolto qualora fosse stato in tensione colla cristologia paolina), troviamo scritto, riguardo al Cristo
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési (Col 1,12-20)
Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.
Anche qua vediamo che viene posto l'accento non solo sulla divinità di Cristo, ma anche sul Suo essere Creatore. Esattamente come nella lettera ai Colossesi, parecchio più antica.
Pertanto è assai difficile avallare la tesi che vuole Paolo propugnatore di una cristologia senza preesistenza, che de facto significherebbe ridurre Gesù a mera creatura (e ripeto, che fosse il nuovo Adamo, o un arcangelo celeste come dicono i Tdg, non cambia assolutamente nulla), e pensare che Paolo e gli apostoli ritenessero concepibile una redenzione universale ad opera di una creatura mi pare alquanto bizzarro, e i passi di Colossesi e di Filippesi (che ripetiamo, a questo punto diventano davvero difficili da leggere nell'ottica della cristologia senza preesistenza) lo testimoniano.
Il fatto, ad esempio, che Cristo sia Mediatore non significa che egli sta tra Dio e l’uomo (mediazione ontologica, spesso intesa in senso subordinazionista), ma che unisce Dio e l’uomo. In lui Dio si fa uomo e l’uomo si fa dio, cioè viene divinizzato. Ma questo come può farlo una creatura umana? Non può, non potrebbe mai.
Una importante conferma:
Lettera ai Romani - 9
1Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: 2 ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. 3 Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. 4Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; 5a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen
Ora, è vero che qua manca la punteggiatura, tuttavia gli autori antichi applicarono la dossologia quasi sempre al Figlio, ritenendo quindi che fosse il Figlio il "Dio benedetto nei secoli" a cui si riferiva Paolo,
Erano di questo avviso IRENEO, Adversus Haereses, III, 16, 3; IPPOLITO, Contra Noëtum, 6; NOVAZIANO, De Regula Fidei, 13; De Trinitate, 13; TERTULLIANO, Adversus Praxeam, XIII, 9 e XV, 7; CIPRIANO, Testimonia ad Quirinum, II, 6; ATANASIO, In Arianos, 1,10; 4,1; Ep. ad Epictetum, 10; AGOSTINO, De Trinitate, II, 13,23, ID., Le Confessioni, VII, 18; BASILIO, Contra Eunomium, 4; EPIFANIO, Panarion, 57; GREGORIO DI NISSA, Contra Eunomium, 11; ILARIO DI POITIERS, De Trinitate, 8,37; AMBROGIO, De fide 4,6; De Spiritu Sancto 1,3,46; GIOVANNI CRISOSTOMO, Hom. in Rom. 17,3; TEODORO DI MOPSUESTIA, Comm. in Rom. (ad locum); GIROLAMO, Ep. 121, 2; CIRILLO DI ALESSANDRIA, Adv. libros athei Iuliani, 10.
Il riconoscimento della natura divina di Cristo presuppone la Sua preesistenza, tuttavia, per evitare la deriva politeistica è necessario assumere anche l'eternità di Cristo.
Il riconoscimento della natura divina di Cristo presuppone sia la Sua preesistenza all'incarnazione sia la Sua eternità, perché anche qualora fosse la prima tra tutte le creature sempre una creatura sarebbe, e ricadremmo nel politeismo, assolutamente inaccettabile per i giudeo-cristiani dell'epoca. Anche i Tdg ammettono, anzi difendono, la preesistenza di Cristo, ma il discrimine è la Sua eternità, senza la quale non vi è divinitá.
....
E il fatto che a soli pochi anni dalla morte del maestro, degli Ebrei si siano potuti sognare di innalzare un umano all'altezza di YHVH, sarebbe secondo molti la prova del fatto che fu Gesù stesso ad accreditare questa possibilità durante la sua predicazione, pre o post-pasquale.
Vale a dire che coloro che Lo conoscevano, e non una tarda e confusa comunità primitiva creatrice di mito, Lo indicavano pari a Dio.
Questa è un'esplosione di cui è difficile trovare la miccia qualora si voglia dipingere l'immagine di un Gesù senza pretese che si mette al pari degli altri rabbini, come è andato di moda per molto tempo negli studi storici, addirittura arrivando, dopo 2000 anni, a dire (in riferimento ad uno storico italiano) che il cristianesimo avrebbe tradito Gesù. L'impossibile miracolo di un ebreo divinizzato da altri ebrei a 20 anni dalla sua dipartita rimanda sia alla straordinarietà di quello che aveva fatto, sia delle sue pretese, con buona pace di Bultmann.
I passi biblici che attestano con chiarezza che Gesù è Dio!
1. Le funzioni divine attuate da Gesù
(1) Creatore (Giovanni 1:3; Colossesi 1:16; Ebrei 1:2)
(2) Colui che lo sostiene (1 Corinzi 8:6; Colossesi 1:17; Ebrei 1:3)
(3) Autore di vita (Giovanni 1:4; Atti 3:15)
(4) Sovrano (Matteo 28:18; Romani 14:9; Apocalisse 1:5)
In relazione ai bisogni dell'uomo
(1) Guarisce i malati (Marco 1:32-34; Atti 10:38)
(2) Insegna con autorità (Marco 1:21-22, 13:31)
(3) Perdona i peccati (Marco 2:1-12; Luca 24:47; Atti 5:31; Colossesi 3:13)
(4) Dona la salvezza e la vita eterna (Atti 4:12; Romani 10:12-13)
(5) Dispensa lo Spirito Santo (Matteo 3:11; Atti 2:17, 33)
(6) Resuscita i morti (Luca 7:11-17; Giovanni 5:21, 6:40)
(7) Giudica (Matteo 25:31-46; Giovanni 5:19-30; Atti 10:42; 1 Corinzi 4:4-5)
2. Lo stato divino dichiarato da Gesù
(1) Possiede gli attributi Divini (Giovanni 1:4, 10:30; Efesini 4:10; Colossesi 1:19, 2:9)
(2) Esiste dall'eternità (Giovanni 1:1, 8:58; 1 Corinzi 10:4; Filippesi 2:6; Ebrei 13:8)
(3) Ha la stessa dignità (Matteo 28:19; Giovanni 5:23; 2 Corinzi 13:14; Apocalisse 22:13, cf. 21:6)
(4) Rivela la verità (Giovanni 1:18, 14:9; Colossesi 1:15; Ebrei 1:1-3)
(5) È la verità incarnata (Giovanni 1:9, 14; 6:32; 14:6; Apocalisse 3:7, 14)
(6) Possiede con lui il Regno (Efesini 5:5; Apocalisse 11:15), la chiesa (Romani 16:16), lo Spirito (Romani 8:9; Filippesi 1:19), il tempio (Apocalisse 21:22), il nome divino (Matteo 28:19, cf. Apocalisse 14:1), e il trono (Apocalisse 22:1, 3)
(1) Destinatario della lode (Matteo 21:15-16; Efesini 5:20; 1 Timoteo 1:12; Apocalisse 5:8-14)
(2) Destinatario delle preghiere (Atti 1:24; 7:59-60; 9:10-17, 21; 22:16, 19; 1 Corinzi 1:2, 16:22; 2 Corinzi 12:8)
(3) Oggetto della fede che salva (Giovanni 14:1; Atti 10:43, 16:31; Romani 10:8-13)
(4) Oggetto dell'adorazione (Matteo 14:33; 28:9, 17; Giovanni 5:23, 20:28; Filippesi 2:10-11; Ebrei 1:6; Apocalisse 5:8-12)
(5) Fonte di benedizione (1 Corinzi 1:3; 2 Corinzi 1:2; Galati 1:3; 1 Tessalonicesi 3:11; 2 Tessalonicesi 2:16)
(6) Soggetto delle dossologie (2 Timoteo 4:18; 2 Pietro 3:18; Apocalisse 1:5b-6; 5:13)
3. I passi dell'antico testamento riferiti a Yahweh [“il Signore”] si applicano a Gesù
(1) Il carattere di Yahweh (Esodo 3:14 e Isaia 43:11 accenno in Giovanni 8:58; Isaia 44:6 accenno in Apocalisse 1:17)
(2) La santità di Yahweh (Isaia 8:12-13 [cf. 29:23] citato in 1 Pietro 3:14-15)
(3) La descrizione di Yahweh (Ezechiele 43:2 e Daniele 10:5-6 accenno in Apocalisse 1:13-16)
(4) L'adorazione a Yahweh (Isaia 45:23 accenno in Filippesi 2:10-11 e Salmi 97:7 citata in Ebrei 1:6)
(5) L'opera di Yahweh alla creazione (Salmi 102:27 citato in Ebrei 1:10)
(6) La salvezza di Yahweh (Gioele 2:32 citata in Romani 10:13; Isaia 40:3 citato in Matteo 3:3)
(7) L'attendibilità of Yahweh (Isaia 28:16 citato in Romani 9:33, Romani 10:11; 1 Pietro 2:6)
(8) Il giudizio di Yahweh (Isaia 6:10 citato in Giovanni 12:41; Isaia 8:14 citato in Romani 9:33 e 1 Pietro 2:6)
(9) Il trionfo di Yahweh (Salmi 68:18 citato in Ebrei 4:8)
4. I titoli divini applicati a Gesù
(1) Figlio dell'uomo (Matteo 16:28, 24:30; Marco 8:38, 14:62-64; Atti 7:56)
(2) Figlio di Dio (Matteo 11:27; Marco 15:39; Giovanni 1:18; Romani 1:4; Galati 4:4; Ebrei 1:2)
(3) Messia (Matteo 16:16; Marco 14:61; Giovanni 20:31)
(4) Signore (Marco 12:35-37; Giovanni 20:28; Romani 10:9; 1 Corinzi 8:5-6, 12:3, 16:22; Filippesi 2:11; 1 Pietro 2:3)
(5) Alfa e Omega (Apocalisse 22:13, cf. 1:8, 21:6)
(6) Dio (Giovanni 1:1, 18; 20:28; Romani 9:5; Tito 2:13; Ebrei 1:8; 2 Pietro 1:1)
Una ulteriore testimonianza di fede:
Il verbale del processo a san Giustino martire e compagni prima di essere ucciso (II sec.)
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La risposta all'interrogatorio di San Giustino martire
“Quella che ci rende devoti al Dio dei cristiani, che riteniamo unico e originario autore della creazione del mondo intero, e al figlio di Dio Gesù Cristo, la cui venuta quale araldo della salvezza degli uomini e maestro di virtuosi precetti già era stata annunciata dai profeti.
Ma riterrei di far torto alla sua divinità se dicessi di riconoscerlo quale mero profeta, poiché già è stato annunciato che costui, del quale ho detto, è il Figlio di Dio. Sappi infatti che da tempo i profeti hanno predetto la venuta del Figlio di Dio tra gli uomini”
.
Mie conclusioni:
- La "cristologia dell'"esaltazione" secondo la mia opinione significa per me
nel credere nell'aspetto divino di Gesù subito dopo la resurrezione di Cristo da parte di tutti gli apostoli, San Paolo compreso come dettagliatamente specificato da tutti i riferimenti ai Vangeli ed agli atti degli apostoli segnalati .
- La convinzione che Gesù fosse "esaltato" e quindi non più considerato come un semplice profeta umano avvenne subito dopo la resurrezione avvenuta da Dio e NON in tempi decisamente successivi.
- In relazione ai principi della religione ebraica che non poteva accettare se non un unico Dio, riconoscendo però anche la "divinità" di Cristo, nacquero allora nelle diverse comunità cristiane di allora delle differenti ipotesi da quelle che lo considerassero il vero e unigenito figlio di Dio, ad altre e dove l'idea della Trinità fosse ancora lontana.
Solo nel II secolo da Tertulliano fu coniata la parola "Trinitas" e quindi già molto prima del concilio di Nicea del 325. contraddicendo pertanto il fatto che Il dogma della Trinità, fosse alla fine una invenzione dell'ultim'ora, uscita dal cappello per mettere d'accordo tutti....
Il termine «Trinitas» che non si trova nella Scrittura, era stato coniato da Tertulliano (morto circa nel 230 d.C.), ed è entrato a far parte del linguaggio teologico soltanto a partire dal II secolo d.C., per dare nome ad una realtà che la comunità di fede già conosceva e sperimentava nel Risorto.
Buon divertimento
Io la lezioncina me la sono studiata.....