“Ho dato due esami di statistica quando studiavo ed ho approfondito la materia dopo la fine degli studi anche a livello medico ma ti assicuro che di tali indici non ho mai sentito parlare....ammesso e non concesso che esistano (e non vengano sbandierati solo a fini propagandistici) bisognerebbe vedere se sono realmente funzionanti, logici, efficienti e consistenti ...”
Gli studi sulla deterrenza della pena di morte ovviamente quando confrontano vari stati applicano dei “correttori” sociali per tener conto della diversa situazione tra gli stati, come spiegavo. Il primo a farlo fu il prof. Baldus che nel 1975 prese in considerazione per i calcoli vari fattori che influenzano il tasso di omicidio: disoccupazione, possibilità di arresto e condanna, popolazione fra i 15 ed i 24 anni, spesa pro capite per la polizia, ecc. E' stato di recente riedito: “Equal Justice and the Death Penalty: A Legal and Empirical Analysis, with George Woodworth and Charles A. Pulaski, Jr. Boston: Northeastern University Press, 1990”.
Inoltre pare che la tua obiezione abbia saltato a piè pari tutta la II parte delle mie argomentazioni:
“ E comunque, se prendiamo ad esempio gli Stati Uniti del presente, si scoprirà che non in tutti gli Stati è in vigore la pena di morte. Se supponiamo una uniformità sociale di base, data dal fatto che siamo sempre e comunque agli interno degli USA, si scoprirà che gli stati senza pena di morte sono quelli con MENO omicidi. La pena di morte sembra addirittura far danno.”
Gli Stati Uniti sono uno splendido laboratorio che ci permette di verificare se la pena di morte sia un deterrente, visto che alcuni Stati hanno la pena di morte mentre Stati loro adiacenti non l'hanno. Purtroppo questo laboratorio usa come cavie degli esseri umani.
Non vi è alcun dubbio che la pena di morte sia un deterrente. Il problema sta nello stabilire se essa sia un deterrente maggiore dell'incarcerazione. o se al contrario essa abbia un effetto antideterrente, possa cioè spingere le persone a commettere, o a rendere più gravi, quei crimini che pretende di ridurre. La teoria della deterrenza della pena capitale si basa su di un ragionamento molto semplice: la gente ha paura di morire e perciò non commette i reati che sono puniti con la morte. Quindi per ridurre il crimine
basta allargare l’uso della pena capitale. L’esperienza ha dimostrato che non è vero. Molta gente non ha paura di morire e lo dimostra l'alto numero di omicidi (da un terzo alla metà) che sono seguiti dal suicidio, tentato o attuato, dell'assassino, poi perché la
deterrenza prevede che la gente sia sempre razionale (cosa che succede piuttosto di rado) e che il potenziale assassino sappia esattamente quale omicidio è capitale e quale non lo è. Poi è evidente che chi uccide perché travolto dalla gelosia o dall'ira, o perché ha la mente ottenebrata dall’alcool o dalle droghe, non lo fa calcolando razionalmente i possibili effetti delle sue azioni, mentre chi prepara accuratamente il crimine fa affidamento sul fatto di non essere scoperto.
Vorrei fosse chiaro che nel dibattito sulla presunta deterrenza della pena capitale non sono gli abolizionisti a dovere dimostrare la sua non deterrenza. Al contrario, come ha chiesto la commissione speciale del Massachusetts per la ricerca e lo studio sull'abolizione
della pena di morte per i reati capitali (1958), sono quelli che la invocano che dovranno fornire ampie prove del suo supposto valore deterrente rispetto ad altre pene, perché:
"
L'unica motivazione di tipo morale che potrebbe in qualche modo giustificare il possesso da parte dello Stato di un diritto alla distruzione della vita umana, potrebbe aversi allorché ciò sia indispensabile per proteggere o preservare la vita di altri. Questo comporta che l'onere della prova sia a carico di chi ritiene che la punizione capitale eserciti un potere deterrente sul potenziale criminale. Finché costoro non potranno dimostrare che effettivamente la pena di morte protegge le vite di altri al costo di una sola
non vi è alcuna giustificazione morale per lo Stato che privi qualcuno della vita." (Fattah Ezzar A., "Contro la pena di morte" Notiziario di Amnesty International, Febbraio e Marzo 1981)
Le due tabelle allegate allo studio sulla deterrenza fatto dal New York Times il 22 settembre 2000 (v. immagine sotto e note a piè pagina del link riportato) dovrebbero mettere fine a tutte le elucubrazioni sulla deterrenza della pena di morte.
Nella prima vediamo come l’andamento del tasso di omicidio negli stati abolizionisti si muova in perfetta sintonia con quello degli stati che hanno la pena capitale, con l’unica significativa differenza che i primi hanno un tasso medio più basso di quello dei secondi. La seconda tabella è ancora più illuminante della prima. In essa vengono confrontati i tassi di omicidio di quattro stati: il Texas che ha fatto più di un terzo di tutte le esecuzioni, la California che, pur avendo un braccio della morte strapieno, ne ha fatte
pochissime, lo stato di New York che, pur avendo la pena di morte, non ne ha fatte e il glorioso Michigan che è abolizionista dal 1847. E’ impressionate vedere come le curve dei tassi di omicidio si muovano all’unisono, dimostrando visivamente che tutte le storie sulla deterrenza della pena di morte non sono altro che “bufale”.
Fonte affermazioni:
http://win.agliincrocideiventi.it/Anno4 ... rrenza.pdf" target="_blank
“l'eliminazione fisica di un criminale ha l'effetto benefico (per il criminale e per la società) che il crimine non verrà reiterato e che non ci saranno recidive”
Come già spiegato quest’assurda idea è demenziale per due motivi:
1)In nome della prevenzione di IPOTETICI omicidi futuri, commette un omicidio CERTO.
2)Questa idea presume, non si sa in base a quale dato statistico, che chi ha già ucciso sia più incline ad uccidere di chi non ha mai ucciso (per me, nella maggior parte delle persone, è l’esatto contrario), e per giunta pretende di giudicare la vita di una persona, e sapere che di sicuro ucciderò ancora, e che dunque è irredimibile. Ma come ti puoi permettere di giocare così con la vita delle persone, e di conoscere a tal punto in profondità la loro anima da sapere che “sono così e basta”, e dunque uccideranno nuovamente?
3)Non c’è nessuna prova statistica, e non ne hai portata alcuna, che una persona che ha già commesso un omicidio tenda a ripeterlo. Questa idea assurda che uccidendo una persona gli si impedirà di uccidere ancora parte dall’idea sbagliata che chi ha già ucciso probabilmente ripeterà il gesto: ma da dove l’hai evinto?
4)E come si dovrebbe fare poi a valutare quali sono i soggetti che “sicuramente” torneranno a nuocere, e dunque vanno fatti fuori, e quelli invece che non faranno più male ad una mosca? O il tuo psichiatra si chiama Dio, oppure non è possibile fare una valutazione del genere, e dunque “in dubio pro reo”.
5)L’opzione non è tra la pena di morte o il permettere a questi criminali incalliti di ripetere un omicidio: esiste l’ergastolo.
“..il sistema carcerario non ottiene questo effetto, non lo garantisce e mi sembra pertanto meno efficiente...”
Il sistema carcerario non garantisce che una persona fuoriuscita non faccia altri delitti, ma la pena di morte, per contro, può uccidere un mucchio di persone che non sarebbero mai più tornate ad uccidere, probabilmente la maggioranza, e che non abbiamo nessuna possibilità di discernere con sicurezza rispetto al gruppo degli assassini incalliti. Motivo per cui, non essendoci un modo per stabilire che una persona è irrecuperabile, la pena di morte è ingiusta. Inoltre, se anche una persona fosse davvero irrecuperabile, esisterebbe la possibilità del carcere a vita.
“Il problema dell'impossibilità di ripetere gli esperimenti nelle scienze sociali non è una mia trovata ma viene sottolineato in tutte le prime pagine dei migliori volumi universitari di biometria e di econometria....”
Che la pena di morte non sia un deterrente non ha nulla a che fare con la ripetibilità di un esperimento, come già detto il confronto di Stati degli USA confinanti fornisce già una base omogenea per il confronto tra abolizionisti e mantenitori. Inoltre questi dati concordano con quelli che vediamo nei vari stati nell’arco di tempo immediatamente precedente e successivo all’abolizione della pena di morte.
“Aggiungo un solo altro crimine per evitarne altri ......”
Ma perché, ostinatamente, dai per scontato, e pensi di poter giudicare, etichettare, la vita di una persona, e dunque sapere che tornerà ad uccidere? Ma ti rendi conto di che affermazioni gratuite scrivi? Sei così sicuro di poter vedere nell’anima di una persona che non solo sai di certo che è colpevole (e come? Anche la prova migliore può essere architettata), e per di più sai addirittura che uscendo di galera tornerebbe ad uccidere, e dunque vuoi essere tu a decretare che la sua vita non ha altre possibilità… Un delirio di onnipotenza notevole…
E poi, perché continui a dire che la pena di morte è un modo per evitare altri delitti se ti è già stato detto che esiste l’ergastolo come alternativa per coloro che ex hypothesi fossero irrecuperabili?
“Tu dici che le recidive non sono dimostrate
ma secondo me non si può rischiare sulla pelle di altri
di testare se questa ipotesi sia vera....
“
Guarda che l’onere della prova spetta a te, mica a me. E sei tu che giochi con la pelle dell’altro, e non “rischi” affatto, lo ammazzi di sicuro, tanto per non correre il rischio…
Che profonda sfiducia hai nella natura umana… E che profonda sfiducia hai nella possibilità dell’uomo di cambiare… Ma, anche se fosse, del tuo parere francamente non importa niente a nessuno, perché il problema non è il fatto che tu, in un delirio di onnipotenza, abbia deciso che una persona non può redimersi, il problema è che non lo puoi dimostrare, e dunque ingiustamente potresti togliere la vita a persone che non avrebbero più fatto del male… Ma allora a che servono le carceri come sistema di rieducazione se secodo te in media gli assassini che stanno in carcere 30 anni non maturano minimamente?
“Se lasciamo liberi i serial killer di agire
di pentirsi e magari di ricadere nell'errore
togliamo pure alle pecore la possibilità di ravvedersi
e di morire ....come si dice...in grazia di Dio .......”
Ma tu non puoi per una pecora che NON ESISTE, perché è solo una probabilità futura, commettere un omicidio vero, e per giunta sistematico, applicandolo non ad una singola persona, ma ad una CATEGORIA di persone. Come dicevo tu pretendi di ridurre la gente ad una sola caratteristica… Sei un omicidica? Dunque sei solo quello, e tornerai a ripetere l’errore… per questo, infischiandomene della tua vita e dei tuoi possibili cambiamenti, poiché sei stato inglobato nel macroinsieme degli assassini, nella categoria che riassume il tuo io in una parola, verrai giustiziato, perché [c]sei così e basta[/c]…
Ma ti rendi conto di che modo volgare sia di ragionare?
“Insomma lasciamo tutte le strade aperte al pentimento del lupo
ma per noi la salute spirituale (oltre che materiale) delle pecore conta veramente poco ...”
Ma certo che conta anche questa, ed è proprio per questo che non giustiziamo il lupo. Sia per insegnare che la vita è sacra ed intangibile, sia perché il lupo non si riduce al suo essere lupo, ma è anch’egli pecora, essere umano, figlio di Dio.
Inoltre, da capo, se proprio sei sicuro che questa gente potrebbe tornare ad uccidere, almeno di’ che vuoi l’ergastolo. Se invece insisti nel dire che vuoi la pena di morte getta la maschera e piantala di nascondere i tuoi istinti forcaioli dietro la scusa razionale della “prevenzione”, perché quella la otterresti anche con l’ergastolo.
Ad maiora