Un interessante articolo di oggi sulla STAMPA
https://www.lastampa.it/esteri/2022/04/ ... _-2917858/
Ucraina, videochiamata Papa Francesco con Kirill: Chiesa usi lingua Gesù non quella della politicaLa sfida tra Kirill e il Papa, da che parte sta Dio?
DOMENICO QUIRICO
06 Aprile 2022 alle 01:00
3 minuti di lettura
ANSA (ansa)
Ma nella guerra Dio dove è? Nelle immagini di una fossa in cui sono gettati i cadaveri delle vittime del sobborgo di Bucha si disegna netto incombente il profilo di una chiesa con le dorate cupole a cipolla, di un bianco che acceca. Fantasma? Condanna? Invocazione? Allora mi sono chiesto: ma in questa guerra di cristiani Dio dove è? Arroganza, direte, cercare di decifrare il disegno di Dio, ancor di più la sua assenza. Forse come nella poesia spesso non è la parola la cosa più bella ma il silenzio che avvolge la parola, così avviene per Dio: quello che parla di più non è ciò che è detto e ciò che non è detto, non le parole ma i silenzi.
Eppure. Quando siamo di fronte allo scandalo di un Dio cristiano che viene schierato sul campo, che viene gettato in campo con la croce a benedire bandiere e armi russe... e poi c’è lo stesso Dio che, nonostante gli appelli accorati, vibranti del suo vicario contro la guerra sacrilega, sembra rinviare la vittoria sul male a chissà quando. Noi poveri cristiani che non abbiamo pazienza, abbiamo il dubbio che ci siano momenti in cui il creatore rinuncia al gioco e getta le carte sul tavolo. E forse siamo di fronte a uno di questi momenti. E allora non si può esser che muti e soli, si vive tra due abissi.
Pensavamo fosse una guerra tra nazioni e una guerra per il predominio. Scopriamo che Dio viene gettato in mezzo come uno strumento della guerra totale in cui non può non può mancare l’apporto, con le bombe la violenza intimidatrice, le bugie, anche del fanatismo.
Il patriarca di Mosca Kirill benedice le bandiere del Cremlino, i soldati della Santa Russia impegnati in Ucraina, secondo la sua unzione, in una mistica crociata contro il paganesimo d’occidente, un tema che pensavamo limitato alle grullaggini dei cosiddetti filosofi del putinismo, marmaglia assortita dalle lunghe barbe mosaiche ma non certo tolstoiane. Leon Bloy diceva: «Aspetto i cosacchi e lo Spirito santo».
Ricordo che anche l’ultimo Solzenicyn teneva questi discorsi. Finito l’esilio nel pagano occidente, appena dopo essersi inchinato alla «terra di Kolyma» e ai suoi milioni di martiri, questo straordinario lottatore dell’arte contro la violenza e la menzogna, iniziò invece a inveire contro la irrimediabile eclissi dei valori spirituali, contro l’illuminismo degenerato che aveva partorito la teoria, empia, dell’”egoismo ragionevole” e “l’umanesimo secolaristico”.
Tra incensi e candele Kirill, l’incedere fiero, la chioma d’argento, incarna l’ennesimo notabile salmodiante della nomenklatura in mitria e piviale, in una continuità che parte dagli zar, sopravvive nella lunga parentesi comunista e approda finalmente, trionfante, alla restaurazione putiniana. In fondo il primo esercizio repressivo in cui il potere autocratico si è allenato a spezzare le ossa ai dissidenti risale al diciassettesimo secolo e a farne le prove furono degli eretici, maledetti dalla gerarchia, i Vecchi Credenti, la parte più istruita, intraprendente e viva del popolo russo.
Kirill benedice. Ma bisognerebbe scegliere tra benedire e governare. Dovrebbe stupirsi nel guardarsi presiedere con viso da “santificetur” a un gioco brutale come una partita di poker. Così brutale che la untuosità più perfezionata non potrebbe mai riuscire a seguirne il ritmo feroce. Mentre con un volto serafico e immerso nei sacri paramenti il patriarca funzionario salmodia testi in cui trovate consacrata la indiscutibile legittimità del più forte, lui, il più forte, Putin osserva con soddisfatta compiacenza. Dio ancora una volta è con noi. Anche Koba l’insospettabile, messo alle strette dagli invasori tedeschi, tirò fuori dai suoi capaci gulag qualche monaco superstite e benedicente il santo popolo offeso. Gli invasori, loro, “Gott mit uns” per non dimenticarsene l’avevano scritto sulla borchia della cinghia che teneva su i pantaloni.
La guerra sfronda brutalmente con l’odio, la violenza, il terrore, lo schifo. È storia dell’uomo e quindi anche storia di Dio. Noi, separati solo da bizantine sottigliezze dal Dio di Kirill, non abbiamo forse il diritto di insister troppo sullo scandalo di un conflitto che si vorrebbe santo. Abbiamo già fatto le cose in grande in un passato non remotissimo purificando con il fuoco gli eretici. Pietà per gli incendiari!
Immagino che anche la Chiesa di Kirill, seppure imperfetta, sia viva. Simile ai più umili e diseredati dei suoi figli, cammini zoppicando da questo mondo all’altro. Commette errori, li espia e se si riesce a distogliere per un attimo gli occhi dalla sue pompe così apprezzate dagli zar di tutti i tempi, ebbene la sentirebbe pregare e singhiozzare con noi nelle tenebre in cui vagano anche i suoi figli prediletti in armi.
Perché la coinvolgiamo dunque? Perché lo scandalo che da lei mi proviene, ferisce l’anima nel vivo, alla radice stessa della speranza. Voi dite che lo fate perché siete certi di benedire una buona causa, difendere la santità dal diavolo occidentale e modernista? Ma noi vi osserviamo non in nome dei santi, come potremmo?, ma delle persone che vi somigliano come fratelli e che vengono uccise in queste settimane di guerra, anche di quelli che portano la divisa che voi benedite. Siete posti a guardia dei peccatori? Ebbene è il mondo di peccatori che voi avete rinnegato e deluso, e questi vi rimproverano non le vostre colpe ma il vostro orgoglio. Immaginiamo la risposta: che avete pur sempre a disposizione i sacramenti con cui si arriva alla vita eterna e che non li rifiutate a chi li chiede. Il resto sarebbe affare di dio, che saprà distinguere. È una vecchia frase troppo cinica per essere santa, che purtroppo storicamente non possiamo rinnegare, appartiene anche a noi di quell’altra metà del dio cristiano. Già. Ma forse si potrebbe chiedervi qualcosa di più: ovvero di amare quelli che soffrono.