Non è con le demonizzazioni che si può controbattere ad assurde superstizioni prepagane. La vicenda ha avuto un séguito. L’episodio ha avuto ripercussioni emotive, e suscitato pesanti critiche, in Canada, e particolarmente nel Quebec. Il marito, Paul-André Roy (Dio lo perdoni, perché se la moglie era colpevole di seguire una falsa religione, aveva scelto di sua volontà: lui ha scelto per un altro essere umano, ed è non solo “suicida”, ma “omicida”; Yahweh non lo risvegli mai dalla sua illusione, perché io non saprei vivere con questo peso sulla coscienza), Paul-Andre Roy, dicevo, marito di Éloïse, dopo il tragico avvenimento, ha richiesto il dossier medico, non si capisce bene a che fine; certa stampa ha malignato che volesse citare i medici dell’Hotel Dieu, l’ospedale ove la moglie è deceduta; altri, piú sobriamente, hanno scritto che volesse riabilitare la figura sua e della moglie, attaccati pesantemente dai media, se non altro dai commenti rilasciati sotto le pagine che trattavano la triste vicenda.
In effetti poi, alla sua richiesta di accedere ai dossier, gli vennero opposti rifiuti. Sicché ha dovuto riccorrere alla Corte superiore per accedervi, con l’assistenza di un avvocato dei Testimoni di Geova, Sylvain Deschênes. Se l’abbia fatto, non tanto nelle sue intenzioni, per altro comprensibili, di trovare un capro espiatorio nell’èquipe medica, o per riabilitare la sua dignità, non potrei dire. Prego di non trovarmi mai in una simile situazione, a dover fare il processo delle mie intenzioni, sul sangue di un morto. Che altri, alle sue spalle, strumentalizzasse l’accaduto, per fini ignobili, non potrei né escluderlo, né includerlo, perché malgrado il mio poco o nullo rispetto delle motivazioni umane, non mi piace parlare per illazioni.
Sta di fatto che il verdetto del coroner sembra essersi rivelato decisivo, e non sembrano sussistere dubbi sul decorso degli avvenimenti. Dopo il ricorso ai media, avvenuto nell’estate del 2017 (Éloïse era morta nell’autunno precedente), il marito ha diffuso un comunicato nel novembre seguente (cosí almeno è datato il PDF da lui controfirmato) che recita quanto segue. Devo dire che è sobrio e dignitoso, e ne sono rimasto un po’ scosso, tanto da non lasciarlo tradurre da Google, e metterci del mio, per cercare di renderne meglio il senso:
La morte di Éloïse è una tragedia che ha sconvolto la nostra esistenza. Éloïse ci manca enormemente. Come ha notato il coroner nel suo rapporto, le scelte fatte da Éloïse riguardo le cure da riceversi sono state fatte in autonomia, e non sotto costrizione. Era una donna intelligente con convinzioni personali e profonde. Ha rifiutato le trasfusioni di sangue, non perché sia stata costretta a farlo, ma per rispetto alle sue convinzioni a cui attribuiva gran valore. Comprendeva bene i rischi e i vantaggi delle trasfusioni di sangue cosi come i rischi e i vantaggi di altri trattamenti medici che le venivano prospettati. Aveva riflettuto sulle due due opzioni molto prima del parto, e vi ha riflettuto di nuovo per tutto il tempo della sua dura prova. Alla fine persistette nel suo desiderio di essere curata solo per mezzo di tecniche mediche diverse dalla trasfusione di sangue.
Dopo il parto, Éloïse ha continuato a sanguinare copiosamente. Per arrestare l’emorragia, l’èquipe ostetrica dovette infine ricorrere a un'isterectomia [asportazione dell’utero, non saprei dire se parziale o totale]. Dopo l'operazione, diverse strategie sono state adoperate per aumentare la sua efficienza globulare, sempre nel rispetto della sua volontà riguardo le trasfusioni di sangue. Éloïse è rimasta stabile, nonostante una grave anemia, e il team medico intravedeva una ripresa. Ahimè, Éloïse ha anche contratto un'infezione che si è diffusa in tutto il corpo. Alla fine è morta il 12 ottobre, circondata da suoi cari.
Durante la degenza ospedaliera di Éloïse, i membri del Comitato di Assistenza Sanitaria [fr. Comité de liaison hospitalier, istituito dalla WTS nel 1979, composto da anziani di Congregazione, se non erro Rocco Politi ha fatto parte della sua versione italiana] hanno fornito informazioni utili senza mai cercare di imporre la loro coscienza su Éloïse. La nostra famiglia li ringrazia per il loro aiuto e il loro sostegno in quel difficile momento.
Siamo grati al coroner per il lavoro che ha svolto. Ringraziamo, allo stesso tempo, l’équipe di terapia intensiva, che ha fatto tutto quanto in suo potere per aiutare Éloïse. Hanno messo in opera, con rapidità e decisione, strategie mirate al ristablimento, dopo il difficile e doloroso parto e dopo gli interventi chirurgici che aveva subito in séguito.
Paul-André Roy
Naturalmente la commozione, e la sincera fede che intravedo, non mi ottenebra. E se mi spiace e mi ripugna speculare su questa missiva pubblica, altro non scimiotto che chi ha speculato sulla stessa. Ne ammiro l’eleganza, lo stile, e la proprietà, ammiro anche la sincerità del marito che l’ha sottoscritta, e che mi ha turbato, perché mi turba l’ingenua fede di poveri diavoli. Ma non sono cosí fesso da non cogliere il sottinteso in una lettera destinata ai media, aduso come sono alla lettura di mille epistolari: questa è una lettera pubblica, e scritta o da un letterato, o da un medico, o da un avvocato. Gente insomma che sa meditare quello che scrive, che sa misurare le parole, ottenendo il massimo risultato col minimo sforzo. Nella fattispecie, il nome
Jéhovah non viene mai pronunciato, anzi, nemmeno si accenna alle convinzioni religiose della morta. Si parla, genericamente, di «convinzioni personali e profonde». Si parla di «rischi e vantaggi» delle trasfusioni, di cui è davvero facile scoprire la fonte. Si parla di complicanze insorte, di un drastico intervento chirurgico che avrebbe segnato a vita, se fosse sopravissuta, la deceduta, minimizzando e illudendo sulle sue pessime condizioni, e ipotizzando persino una ripresa. Si parla poi del
Comité de liaison hospitalier, di cui si desidererebbero note le competenze medico-terapeutiche, o almeno psicologiche, tacendone la matrice geovista. E si finisce con un generico ringraziamento, al coroner e all’èquipe medica, evidentemente non imputabile e attaccabile di alcunché. Dio perdoni anche me, per queste maligne riflessioni sul corpo di una giovane donna, morta per obbedire alle “sue” leggi.
Fonti principali:
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